di Mimmo Mastrangelo
Appare del tutto scontato attestare che Julian Schnabel sia, da almeno un trentennio, una star mondiale dell’arte contemporanea. Ben altra cosa è fare un film convincente su di lui e sulla sua arte fisica ed incisivamente materica.
Nell’impresa ci è riuscito, con il docu-film “L’arte viva di Julian Schnabel” (2017), il regista napoletano Pappi Corsicato il quale, a dire il vero, nel nostro cinema è oggi quello che fu un tempo Luciano Emmer, un esperto di cinema sull’arte, grazie ad uno sguardo che riesce a tenere insieme la creatività di un artista con la vita, il suo privato. Uscito in Italia solo per due giorni lo scorso mese (ma è stato già comprato in moltissimi Paesi del mondo), il film è il risultato di circa ottocento ore di girato, per mesi Corsicato è stato dietro all’artista newyorkese dalle origini ebraiche, l’ha seguito per mostre ed incontri, realizzando un lavoro fresco e piacevole, esuberante e travolgente tanto quanto è vorticoso e dinamico il personaggio Schnabel che ha fatto della sua arte un linguaggio, uno stilema di vita, una visione sul mondo.
Irriverente, generoso, Schnabel è il creativo che da bambino era affascinato ed ossessionato dal disegno e che da adulto ha riportato l’attenzione sulla pittura, facendo della superficie della tela il campo d’azione di un espressionismo figurativo e una gestualità improvvisa, incontenibile, spasmodica.
“Devi credere fortissimamente in qualsiasi cosa che fai – dichiara davanti alla videocamera – Non è qualcosa di razionale, si tratta di fiducia cieca…”. Fiducia, ma anche tenacia come viene dimostrato nelle film che è un ritratto rilevatore, costruito inoltre con gli interventi di amici di lunga data di Schnabel come Bono Vox degli U2, William Defoe, Al Pacino, Jean Claude Carriere, Hector Babenco, Emmanuelle Signer, Jeff Hoons, Laurie Anderson.
Testimonianze che danno la cifra di un personaggio poliedrico, incontenibile (come la sua enorme stazza) che in qualsiasi disciplina si è cimentato “ha irrorato gli spazi di stupore e fremiti emozionali”. Si pensi alle sue più note prove dietro la camera da presa: “Basquiat” (1996), film dedicato al famoso creatore di graffiti, morto di overdose a soli 27 anni e che raggiunse una strepitosa affermazione nel mercato internazionale, e “Lo scafandro e la farfalla” che vinse a Cannes nel 2007 il premio alla regia ed è la storia di un uomo che deve scrivere un libro nonostante si ritrovi con il corpo totalmente paralizzato. Quella di Schanabel è un’ eccitante favola realistica che traspare tutta dalle riprese (in larga parte improvvisate) di Pappi Corsicato, al quale va dato atto di aver portato a termine un lavoro su un artista che, persino quando getta con forza una secchiata di colore su una parete di tela, riesce a svelare un’immagine segreta del pensiero. Una schermata, una macchia – insomma – di arte viva.
L’arte viva di Julian Schnabel
Regia di Pappi Corsicato. Un film con Laurie Anderson, Hector Babenco, Jean Michel Basquiat, Bono, Mary-Bonner Baker. – USA, Italia, 2017,