“Non devi assolutamente piangere. Dice una musica. Nessun altro dice qualcosa…”. Così scriveva la poetessa austriaca Ingeborg Bachmann al grande compositore tedesco Hans Werner Henze (Gutersloh 1926- Dresda 2012) che condivisero per lungo tempo un’intensa (e passionale) amicizia. Per le sue idee politiche e perché nel suo Paese vedeva ancora diffusi certi costumi dell’epoca nazista, Henze a metà degli anni cinquanta lasciò la Germania per trasferisti ad Ischia dove porterà a terminare alcune delle sue più alte partiture che, tra l’altro, intrecciano gli stilemi del classico alla modernità del jazz e del rock.
Partendo dalla sua presenza sull’isola e da straordinari materiali d’archivio dell’Istituto Luce, la regista napoletana Nina Di Maio ha realizzato il docu-film “Hans Werner Henze: la musica, l’amicizia, il gioco” presentato al diciannovesimo “Napoli Film Festival” (25 settembre -1 ottobre).
Il lavoro della Di Maio è stato pensato come una partitura tra immagini di repertorio, le grandi composizioni di Henze (“Pollicino, “Il principe di Homburg” Der Junge Lord”, “Elegia per due giovani amanti”…) e l’assemblaggio di un ventaglio di voci di chi conobbe in vita il musicista.
Le testimonianze di Ermanno Rea, Massimo Cacciari, Roland Baoer, Alessio Vlad, Nanà Cecchi,Pierluigi Pizzi, Ilaria Borletti Buitoni, Nuria Nono portano un notevole contributo nel definire il ritratto dell’uomo e del compositore, ma la parte più emozionanti del film è certamente il ricordo, il racconto dell’amicizia e del rapporto di lavoro con la Bachmann.
Assolutamente piacevole, inoltre, è riascoltare la voce dello stesso Henze che dice di essersi innamorato della luce del nostro Paese, della intelligenza degli italiani, della loro cultura e persino “del loro modo di fare politica”
Settantacinque minuti di un film pensato e ben costruito per lasciare affiorare in forma di viaggio la vita intensa, irregolare, inquieta (i dissidi col padre, le distanze dal nazismo, l’omosessualità…) di un uomo che non riuscì a liberarsi fino agli ultimi dei suoi giorni dal demone della musica. La quale venne elaborata sempre nella forma di un registro su cui ponderare e manifestare un’idea della politica.
Henze come dice il direttore artistico del teatro regio di Torino, Gaston Fournier Facio “fu un rivoluzionario messianico della musica” , ma per quelle sue capacità eclettiche di inventare un linguaggio musicale del tutto originale non è azzardato nel riconoscerlo nel più grande compositore del novecento.