“Sacco e Vanzetti” di Giuliano Montaldo

Sacco-e-Vanzettidi Mimmo Mastrangelo

“Se morir vuol dire amare, se morir vuol dire lottare la vostra morte la regaliamo all’uomo che uomo non è…Tutti siam Nicola e Bart, tutto il mondo è Nicola e Bart, su cantiamo libertà…”.

Queste parole del brano “Ho visto un film”  di Franco Migliacci le cantava Gianni Morandi agli inizi degli anni settanta, vogliono ricordare Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, i due anarchici italiani  che  il 23 agosto del 1927, seppur da innocenti, finirono sulla sedia elettrica del penitenziario di Cherlestown, presso Dedham nel Massachusetts, in quanto ritenuti responsabili della morte di due uomini durante una rapina al calzaturificio di South Braintree di Boston il 15 aprile del 1920. Sacco e Vanzetti  furono subito accusati del doppio omicidio, una ventina di giorni dopo l’accaduto vennero fermati su un autobus e condotti in prigione. Il processo che seguì fu letteralmente una farsa, i giudici non cercarono di far luce sulla verità dei fatti, ma mirarono unicamente ad affermare con sprezzo una loro tesi di colpevolezza: Sacco e Vanzetti  per loro erano due bastardi, andava inflitta la massima pena perché anarchici e italiani (cioè immigrati). Il processo di primo grado si chiuse  il 14 luglio sempre del 1920 con la condanna alla sedia elettrica, verdetto che venne confermato anche in secondo grado, ma nel frattempo l’opinione pubblica  intuì che contro i due sventurati si stava consumando un caso giudiziario di una vergogna inaudita.

Una triste faccenda di cui si venne a sapere anche in Europa dove, come in tantissime città degli Stati Uniti, iniziarono a diffondersi  manifestazioni in cui si gridava l’innocenza del calzolaio pugliese Sacco  e del pescivendolo piemontese Vanzetti. Per il loro rilascio si  mobilitarono  anche alte personalità  della politica e della cultura,  tra loro Roman Rolland, Benedetto Croce, Massimo Gorki,  Bertrand Russell, Ben Shahn, persino Benito Mussolini, per tramite  del Ministero degli Esteri, l’ambasciata italiana a Washington e il console di Boston si adoperò per ottenere la revisione del processo.

Ma i giudici di Boston e il governatore del Massachusetts (che approvò il verdetto e cestinò ogni richiesta di grazia) non mollarono, vittime dei loro pregiudizi si tapparono le orecchie pure di fronte alla autodenuncia del portoghese Celestino Madeiros che nel 1925 si dichiarò tra i responsabili  delle morti di Sout Braintree e scagionò del tutto gli italiani.

Dovranno passare cinquant’anni prima che nei democratici Stati Uniti venisse riconosciuta pubblicamente l’innocenza di Nicola e Bartolomeo. Nel 1977 il governatore del Massachusetts, Michail Dukakis, proclamerà per ogni 23 agosto il “Sacco and Vanzetti day”  e ammetterà che i giudici agirono fuori dalla regole prestabilite, influenzati da disonestà intellettuale e da pregiudizi razziali e politici.

Sacco_e_Vanzetti_di_Giuliano_MontaldoQuella di Sacco e Vanzetti, che avevano rispettivamente quando morirono  trentotto e trentanove anni, è una storia maledetta che non è andata fortunatamente dimenticata: sono stati girati fiction e film come il capolavoro di Giuliano Montaldo “Sacco e Vanzetti” (1971) con protagonisti Riccardo Cucciola e Gian Maria Volonté,  scritte canzoni come  la famosissima e struggente “Here’s to you” (“Questo è per voi”) di Joan Baez su arrangiamento di Ennio Morricone, tantissime sono state anche le pubblicazioni.

Per i novant’anni dall’esecuzione della pena capitale è uscito  per Claudiana “Mussolini  e il caso Sacco e Vanzetti” a cura di Philip Cannistraro e Lorenzo Tibaldo, Nova Delphi ha dato alle stampe  “La marcia del dolore: i funerali di Sacco e Vanzetti” per la curatela di Luigi Botta con l’introduzione di  Giovanni Vanzetti, invece l’editore e scrittore  salernitano Giuseppe Galzerano manda in ristampa lo scritto di Bartolomeo Vanzetti  “Una vita proletaria” a cui vi è allegato pure un testo inedito.

Insomma, il caso della rapina al calzaturificio di South Braintree “è rimasto civilmente inciso nelle coscienze” e come canta Joan Baez Nicola e Bart dormono “nel fondo dei nostri cuori” e tramite quella morte ingiusta sono diventati vincitori. Vincitori da immigrati e cantori della libertà.



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