E’ uno di quei film italiani coraggiosi (un altro “Cuori puri”), che ogni tanto accade di vedere, che non vuole gratificarti, ma farti “partecipare” ad una mutazione sociologica che attraversa l’Italia: da un (relativo) benessere milioni di italiani sono o stanno progressivamente piombando in una crescente povertà. Come ormai sappiamo tutti, senza che chi ci ha governato ne abbia preso le adeguate misure.
Daniele Vicari rappresenta questa situazione d’impoverimento con un taglio cinematografico documentaristico e insieme narrativo sottile e dialettico, fino a farti sentire la poesia attraverso due storie parallele di donne, Eli e Vale, che hanno in comune, oltre l’amicizia, la volontà di non soccombere contro un orizzonte tanto difficile da diventare, per una di esse, inesorabilmente chiuso.
La sottigliezza dialettica, ed anche forse l’originalità del film è, soprattutto, nel personaggio principale del film, Eli, e nel modo con cui Isabella Ragonese lo ha fatto vivere.
Eli, infatti, ogni mattina e sera deve attraversare Roma, due ore a bordo di pullman, metropolitane e autobus, per raggiungere il lavoro come barista malpagata e al nero, con in più avendo sulle spalle quattro figli e un marito, che cerca disperatamente lavoro, senza riuscirci.
Di fronte a questo gravame esistenziale ( se ne aggiungono, nel corso della storia, altri) la grandezza di Daniele Vicari, regista e sceneggiatore, con la bravura interpretativa dell’attrice, consiste nell’avere creato un personaggio, che si contrappone a questa condizione. Eli, infatti, è, pur in assenza di un progetto politico, percettiva e vitale, creativa e sensuale, ironica e, quando occorre, anche determinata, infine irriducibile fino alla irrazionalità. In particolar modo interpreta il suo lavoro di barista con efficienza professionale e anche con una sorta di teatralità affettuosa e divertita.
Il finale, difficile a farsi, diventa un montaggio alternato sulle due protagoniste, diversamente rappresentate nella forma, ugualmente simili nella sostanza. Eli, seduta su una panchina immobile, con i metro che arrivano e partono, è vista con uno sguardo filtrato e gelido come corpo anonimo nell’anonimato asettico e artificiale della metropolitana. Vale è colta, ferita nei sentimenti, con il vestito rosso sangue, nel vortice febbrile di una performance danzante nelle luci intermittenti e convulse di una discoteca.
Due vite senza scampo, metafore di un’italietta spietatamente chiusa, nella quale Daniele Vicari non vede, né intravede alcuna luce dentro il tunnel.
Convincente la prova di tutti gli attori. La fotografia di Gherardo Gossi è molto curata e la colonna sonora originale di Stefano De Battista nel suo timbro jazzistico fa felicemente da contrappunto alla solitudine della protagonista.
di Daniele Vicari. Con Isabella Ragonese, Eva Grieco, Francesco Montanari, Francesco Acquaroli, Giulia Anchisi
Produttore Domenico Procacci
Fotografia Gherardo Gossi
Montaggio Benni Atria, Alberto Masi
Musiche Stefano Di Battista
Scenografia Beatrice Scarpato
Italia 2016. Durata 113 min