Un film da vedere, senza alcun dubbio. Perché rappresenta una donna complessa e nello stesso tempo (molto) contemporanea, che parla di sé e di noi.
Complessa, perché esercita un potere. Lo esercita nel suo lavoro come proprietaria di una società che produce videogiochi, è autoritaria e autorevole, sicura e netta anche di fronte a giovani creativi e taglienti. Inoltre è diretta e cinica nel rapporto con gli altri. Gli uomini, li corteggia, li usa, li lascia, ma è anche gelosa e vendicativa. Infine è ambigua, non definita interamente. Viene stuprata da un uomo mascherato, ma non denuncia il fatto, ne parla invece con gli amici-amiche, si arma ed è pronta ad uccidere per difendersi, ma una volta smascherato lo stupratore sembra voler iniziare con lui un rapporto sado-masochista, con un finale non del tutto decifrabile, ma comunque bislacco.
Questo cinismo ha una sua radice. Michelle, così si chiama la protagonista, vive ancora un dramma adolescenziale. Odia suo padre ergastolano per avere assassinato bestialmente 27 persone molti anni fa; non sopporta la madre e la bistratta per la sua svampita leggerezza, che oscilla tra botox ed escort boy. Vive, infine, in un ambiente a lei simile, senza però che esso ne abbia la sua sfrontatezza e autorevolezza, la sua libertà.
Un film tra commedia, tragedia e thriller abilmente mescolati. Una buona sceneggiatura nel tratteggiare lei (Elle), un montaggio invisibile, ma veloce e essenziale, una musica non invadente, ma che crea tensione nelle scene da thriller, attori e attrici tutti all’altezza, con una grande Isabelle Huppert, come la critica (tutta) e i premi (prestigiosi) hanno abbondantemente rilevato.
Isabelle Huppert incarna e scolpisce, infatti, con grande nettezza un personaggio multiforme, in modo tale che polarizza lo sguardo e difficilmente evapora dagli occhi. Una donna fragile e forte, appassionata e spregiudicata, crudele e seducente, beffarda e sprezzante, in una parola spiazzante. Per descriverne la forza sarebbe però necessaria un’analisi di tipo fenomenologico del volto nel suo flusso: i silenzi e gli indugi, gli sguardi e i toni; ma anche la postura ed il passo.
La grandezza del film è quindi Michelle, come personaggio, e Isabelle Huppert, come interpretazione. Gli altri comprimari hanno una loro verità, ma descrittiva. Lo stupratore è seducente, ma, oltre che prevedibile come tale, è superficiale. Funziona come stereotipo, ma rimanendo tale. Il figlio neopadre sul limite della stupidità. E lo scrittore non è neppure vagamente rassomigliabile ad un Jean-Paul Sartre, come il tipo di rapporto con Michelle, poteva lasciare adombrare.
REGIA: Paul Verhoeven
ATTORI: Isabelle Huppert, Christian Berkel, Anne Consigny, Virginie Efira, Charles Berling, Laurent Lafitte, Vimala Pons, Jonas Bloquet
SCENEGGIATURA: David Birke. FOTOGRAFIA: Stéphane Fontaine. MONTAGGIO: Job ter Burg. MUSICHE: Anne Dudley
PAESE: Francia, Germania, Belgio. ANNO: 2016. DURATA: 130
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