Jackie del regista cileno Pablo Larrain ( di lui ricordo un terribile e magnifico Tony Manero ) non è film da grande pubblico, manca l’intreccio che appassiona; è un film più adatto a occhi attenti al suo sottotesto visivo, molto implicito. Ed è un film assolutamente da vedere per diverse ragioni.
Primo: tratteggia un personaggio, Jackie”, Jacqueline Kennedy, con la distanza e l’intelligenza filmica sottilmente giusta. Da una parte le lacrime e il dolore incontrollabile, la rabbia e il sentimento di colpa di non aver fatto abbastanza; dall’altra l’eleganza e la raffinatezza, la determinazione ed il carisma, ma soprattutto la capacità e il desiderio di creare sui funerali del marito un evento per l’immaginario collettivo planetario attraverso la sua pura, scenografica presenza.
Secondo: Pablo Larrain armonizza con grande scioltezza narrativa il presente (l’incontro con il giornalista politico del Life Theodore H. White ) con i fatti del passato più o meno recente con alcune sequenze di forte impatto emotivo.
Terzo: Natalie Portman interpreta la first lady strepitosamente, perché diventa quel personaggio complesso e non del tutto decifrabile, quasi un ossimoro come figura: dolorosamente empatica come donna persa nel suo dolore, ma pure freddamente algida come sovrana con la consapevolezza (questo ci dice nell’intervista) che il dolore deve rimanere strettamente privato, ma pubblicamente divenire, invece, leggendario.
JACKIE
Regia di Pablo Larrain. con Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Greta Gerwig, Billy Crudup, John Hurt, Richard E. Grant. USA, Cile, 2016, durata 91 minuti.