di Maddalena Ferrari
Sono due coproduzioni, entrambe fanno riferimento alla Francia, la prima insieme alla Bosnia, la seconda con l’Egitto; e sono due film emblematici e fortemente significativi dell’oggi, dei conflitti in corso, della loro intricata complessità, della loro mancanza di senso.
L’uno è ambientato in un hotel di lusso, nella Sarajevo attuale, dove si sta per celebrare l’anniversario dell’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria ad opera di Gavrilo Princip, bosniaco di origine serba : terrorista o patriota?
L’altro in un furgone della polizia, nei giorni dei disordini che seguirono, nel 2013, la cacciata del presidente eletto Morsi : qui una retata della polizia ha messo insieme una trentina di persone, tra cui 2 giornalisti, alcuni sostenitori delle forze di polizia, membri della Fratellanza Musulmana, semplici cittadini e addirittura un poliziotto; ci sono anche due donne (una giovane tradizionalista, che accompagna il nonno, e un’infermiera, sembra, emancipata e volitiva) e un bambino.
In entrambi i film i fatti reali e la fiction, magistralmente amalgamati in Eshtebak, dove non esiste cesura tra materiale documentario e ricostruzione sul set, mostrano persone disorientate, senza quasi uno scopo, che non sia dettato dal pregiudizio, dall’incomprensione e, in casi estremi, dall’odio reciproco. Non si intravedono spiragli di liberazione, di giustizia, di soluzione né tantomeno di liberazione.
L’ hotel di Sarajevo, dove sfilano personaggi di peso, ospiti europei di rango, giornalisti, storici, politologi, è una microrealtà, che ben simboleggia un paese in preda ad una crisi economica acuta, che genera conflitti sociali ( proprio lì, fra una dirigenza senza più credenziali né capacità manageriali e lavoratori che lottano per il salario dovuto, con l’intromissione violenta di una mafia agguerrita ) e in mano ad un potere, che per restare a galla ha bisogno della delinquenza organizzata e di metodi spionistici fuori controllo.
Una giornalista di successo e un giovane serbo hanno una discussione, che assume toni sempre più accesi, fino a che lui, omonimo dell’attentatore di 100 anni prima, trova la morte in una situazione confusa.
Nel furgone, in un crescendo di circostanze drammatiche, si consumano tensioni, scontri, angosce e dolori individuali, ma vive anche la solidarietà. In questa condizione claustrofobica, dove nessuna causa razionale ha costretto a stare insieme persone così diverse, nel deflagrare di manifestazioni e violenze di piazza incontrollabili, la tragedia della costrizione, della promiscuità, dell’impossibilità di soddisfare i più elementari bisogni fisici fa emergere la sostanza umana, caratteriale delle singole individualità.
Con un ritmo incalzante, il regista riesce a tenere vivo il trascorrere del tempo in questo piccolo ambiente chiuso per tutta la durata del film, usando una tecnica narrativa tesa e fluida.
Death in Sarajevo di Danis Tanovic. Con Snezana Markovic, Izudin Bajrovic, Vedrana Seksan, Muhamed Hadzovic, Faketa Salihbegovic. Titolo originale Smrt u Sarajevu. durata 85 min. – Francia, Bosnia-Herzegovina 2016
CLASH (Eshtebak) di Mohamed Diab
Con Nelly Kareem, Hany Adel, Ahmed Malek, Kalbaz, Tarek Abdel Aziz, Khaled Kamal, paese: Egitto, Francia- 2016. 110 min.