“Paterson” di Jim Jarmush

aaaaaaajarmushduedi Gianni Quilici

Paterson è un film che molti critici hanno recensito positivamente ( o anche molto), ma che difficilmente può appassionare un pubblico medio, perché non ha un intreccio. Meglio, lo ha, ma per sottili variazioni e senza sussulti drammatici.

E’ un film contemplativo. Il protagonista, Paterson, autista di autobus e poeta con  taccuino su cui appunta i suoi versi, lo è (contemplativo). Egli vive apparentemente un’esistenza di routine. Apparentemente, perché in realtà non “consuma” ciò che potremmo chiamare i dettagli della sua giornata: la moglie dolcissima e creativa con cui si sveglia abbracciato, gli avventori del pub, dove invariabilmente sorseggia la birra, i discorsi mutevoli dei passeggeri dell’autobus, gli incontri occasionali e le rare circostanze inedite.

Ricorda per la sua trasognata gentilezza quei personaggi di Kaurismaki che sembrano sempre altrove.

Ma dietro di lui, invisibile, l’autore, Jim Jarmush, rappresenta ciò che Paterson ascolta, vede o  percepisce: quello scorrere del tempo della vita senza sussulti, che semplicemente esiste e che ha una sua forza poetica proprio perché viene fermato, considerato, valutato.

Questo è il grande pregio e forse anche il limite del film. La poesia che sorge da occhi creaturali e dalle piccole cose.

Adam Driver (J. Edgar, Hungry Hearths) e Golshifteh Farahani (Come pietra paziente) sono una coppia indimenticabile nel loro amore così insolitamente limpido e lineare nella società dello spettacolo e della iperconnessione.

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Un film di Jim Jarmusch.

Con Adam Driver, Golshifteh Farahani, Kara Hayward, Sterling Jerins, Jared Gilman.

durata 113 min. – USA 2016.


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