di Maddalena Ferrari
I mostrini, gli animaletti e la bella bambina che attraversa lo schermo dei titoli di testa fanno pensare ad un mondo edulcorato, come lo è quello dei cartoons per bambini; ma, anche se questi ultimi sono i destinatari privilegiati della pellicola, tale aspettativa si rivela poi infondata. I bei paesaggi di campagna, coltivati o selvaggi, dove lo sguardo del regista spazia a creare vertiginosamente inaspettate prospettive, gli alberi maestosi, le cui chiome si confondono con i cirri delle nuvole, i percorsi sotterranei, tra erba e radici, hanno qualcosa di inquietante. L’idillio familiare è turbato da una mancanza: la mamma è ricoverata in ospedale ormai da tempo. E i bambini non sono belli e morbidi; in particolare, la piccola Mei è piuttosto sgraziata, con quella bocca pronta a spalancarsi per gridare e piangere…
Il film, del 1988, è uscito ora in Italia, doppiato anche nella parte cantata del commento musicale.
Contiene in nuce nuclei tematici che Miyazaki svilupperà e approfondirà nei film successivi: il mondo ad altezza di bambino, nella sua bellezza e nel suo mistero, ma anche nell’ansia, nella paura e nel dolore, non quello da cui si esce, ma quello che sta con te, senza che tu te ne possa liberare; l’amore per la natura, in tutte le sue manifestazioni; l’avventura e il viaggio nel fantastico; la bontà dei mostri, di cui le sorelline Satsuki e Mei non hanno paura: la vecchia vicina, che appare con le sembianze di una strega ed è in realtà generosa e protettiva; i fantasmi-animali, dalle forme svariate: i “nerini del buio” ,piccoli ricci neri che si annidano a miriadi negli anfratti della veccia casa; il gattone-autobus, dalla morbida porta che si apre e si chiude come una bocca e dai soffici sedili formati dal suo corpo, con gli occhioni-fanali; e sopratutto lui, un enorme corpacciuto individuo, dal pelo accogliente, dalla grande bocca, come racconta Mey, la più piccola delle due bambine, che lo ha scoperto; bizzarro e giocherellone, comunica con le piccole, senza umanizzarsi e svolge il ruolo di aiutante fondamentale nella fiaba. Di una fiaba si tratta, con i suoi ruoli e meccanismi di svolgimento, ma è una fiaba ancorata alla realtà ed alla sua complessità, con personaggi psicologicamente delineati e con una dimensione onirica, che ambiguamente fa essere e non essere l’esperienza delle due bimbe.
Momenti di continuità tra esperienza reale e sogno sono particolarmente intensi. Un esempio è l’episodio della fermata dell’autobus, a buio, sotto un lampione giallo, in cui le due piccine aspettano sole solette il papà, che però non arriva con la vettura prevista: ad un certo punto, la più grande percepisce la presenza di qualcuno, che si materializza nel grosso, ingombrante Totoro; la reazione è di meraviglia, non di paura, anzi, si crea una sorta di reciproca solidarietà. C’è poi il sole dell’alba che sveglia le bimbe e le fa entrare in un’avventura fantastica…
Il mio vicino Totoro (Titolo originale: Tonari no Totoro)
Regia: Hayao Miyazaki
Soggetto: Hayao Miyazaki, Kubo Tsugiko
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki
Animatori: Yoshiharu Sato
Doppiatori italiani:
* Gualtiero Cannarsi: (dialoghi italiani e direzione del doppiaggio)
* Letizia Ciampa: Satsuki
* Lilian Caput: Mei
* Oreste Baldini: Tatsuo Kusakabe
* George Castiglia: Kanta
* Liù Bosisio: Nonnina
* Roberta Pellini: Yasuko Kusakabe
* Vittorio Amandola: Totoro
Fotografia: Mark Henley (versione inglese)
Montaggio: Takeshi Seyama
Effetti speciali: Kaoru Tanifuji
Musiche: Joe Hisaishi
Scenografia: Kazuo Oga
Lingua originale: Giapponese
Paese: Giappone
Anno: 1988
Durata: 86 min