Per una società del tempo, rigorosamente maschilista, Elvira Coda Notari doveva essere proprio una tipa tosta, tant’è che la chiamavano “la marescialla”. Ma a parte la sua personalità autoritaria, la Notari è ricordata come la prima donna regista nella storia del nostro cinema.
Nata a Salerno nel 1875, insieme al marito, il pittore e fotografo napoletano Nicola Notari, diede vita nel 1908 alla Dora Films, una di quelle società di produzione che operarono a Napoli e che, negli anni venti del secolo scorso, arrivarono a girare un terzo delle pellicole prodotte in tutto il Paese.
Donna energica ma pure di grande cultura, infatti, oltre a dirigere, scriveva i soggetti dei film che venivano realizzati col contributo di attori non professionisti, tra cui vi era anche il figlio, Eduardo, che nelle locandine veniva presentato col nome d’arte di “Gennariello”. Elvira Notari fu intelligente nel cogliere e sfruttare i gusti filmici del pubblico nonché le possibilità offerte al cinema da una certa letteratura d’appendice molto in vogue al tempo.
Con crudo realismo (ed anticipando il cinema di De Sica, Visconti, Rossellini ), portò sullo schermo storie di un’umanità stracciona, sfruttando i canoni della sceneggiata e i contenuti romantici della canzone napoletana, narrò storie di gente che viveva nei bassi, di scugnizzi e guappi dediti a piccoli furti o a farsi giustizia da soli, di amori e drammi familiari destinati a chiudersi in bagni di sangue.
Titoli come “La maschera del vizio” (1917), “Il miracolo della Madonna di Pompei” (1922), “E’ piccerella” (1922), trovarono, insieme al consenso degli spettatori, una vasta distribuzione nelle sale del Meridione e in quelle canadesi e degli Stati Uniti dove il pubblico era costituito soprattutto da emigranti.
Il cinema della famiglia Notari, però non piaceva ai critici “specie a quelli delle testate del nord Italia”. Su “E’ piccerella” – a cui si deve riconoscere più di un pregio – il critico de “La vita cinematografica” sentenziò: “…Non è stato indovinato nulla. Messa in scena, interpretazione, collettività, fotografia sono poco di buono”. Sulla stessa falsa riga l’articolista di “Cines” che della pellicola “Fantasia ‘e surdate” arrivò a scrivere: “Mi limito a registrare l’insulsaggine del lavoro, mista all’interpretazione del giovane figlio della Notari , noto sotto il nome di Gennariello, che farebbe opera umanitaria abbandonando lo schermo e imponendo alla signora Elvira di dedicare il suo talento ad altro…”.
Commenti offensivi, astiosi, molto di parte a cui Elvira Notari non dava particolarmente peso, i favori del pubblico la incoraggiavano ad andare avanti.
Purtroppo, a mandare in rovina la sua casa di produzione fu il regime fascista il quale mai tollerò che dallo schermo venisse divulgata, specie all’estero, l’immagine di una nazione pezzente. Alla fine degli anni venti i provvedimenti contro le culture regionali assunti dal governo costrinsero la Dora Films a chiudere i battenti.
Elvira Notari si ritirò dall’attività di “produttore-regista”, mentre il marito e il figlio Eduardo continuarono per un pò di anni e con grandi difficoltà a lavorare nella distribuzione.
“La marescialla” Elvira Coda Notari morì a Cava dè Tirreni nel 1946, negli anni tutto il suo lavoro da pioniera del cinema italiano è stato quasi del tutto dimenticato, ma a recuperarne la memoria ci ha pensato la Cactus Filmproduzioni del regista salernitano Licio Esposito il quale in attesa di concludere un documentario sulla Notari, con il Festival del Cinema Laceno D’Oro, presenta fino al 19 luglio a Palazzo Genovese “La film di Elvira”, mostra evento arredata da una ricca quantità di documenti, fotogrammi e fotografie. Spiega il regista Licio Esposito: “Questo progetto, a cui abbiamo lavorato da alcuni anni, nasce innanzitutto per far conoscere il talento , l’arte di questa donna, a fronte di tutte le critiche che le piovvero addosso” .
A ELVIRA NOTARI LA CACTUS FILMPRODUZIONI DI SALERNO E IL FESTIVAL IRPINO LACENO D’ORO DEDICANO UNA MOSTRA A SALERNO FINO AL 19 LUGLIO A PALAZZO GENOVESE.