Tre minuti tre….Bastano. Sono sufficienti a Nicola Ragone per regalarci Marciapiedi, un refolo di poesia di quella cinematografia piccola (ma non minoritaria) che nel nostro Paese continua ad essere bistrattata e a cui viene ostruita una normalissima “ingressatura” nelle sale.
La folata in poesia di Ragone corre in “plein-air” costeggiando il Tevere. Un primo fotogramma riprende una coperta da cui si avvertono dei movimenti corporei. Il plaid viene alzato e ci si trova davanti al risveglio di un senzatetto la cui luce incerta dei suoi occhi va ad impattarsi nel vetro di una bottiglia svuotata. La stessa bottiglia (e qui sta l’assesto estetico di Daniele Ciprì che controlla il movimento di macchina e la fotografia) farà da superficie riflettente anche ai passi di una ragazza. Che viene avanti e deposita delle monetine in una bombetta capovolta….A questo punto i movimenti di macchina sembrano quasi arrestarsi, e negli ultimi palpiti del corto sopravviene un palleggio leggero di sguardi, mentre una mano (dell’uomo) si stende nel vuoto, ma non c’é nessuno a stringerla. Così si ritorna al fotogramma iniziale: la coperta riavvolge il corpo disteso dell’uomo e un cartello, in primo piano, avverte profeticamente: “rendete onore alle anime che vi animano”.
Le immagini di Ragone sono ricamate con delicata sensibilità, appaiono come se venissero assorbite in un involucro di attesa beckettiana, ma in sostanza parlano più la lingua-canto dal basso di Brassens: bisogna discendere “negli inferi” di un’umanità piagata per salirne (ri)animati e puri.
Con il regista lucano e Daniele Ciprì ad apporre il proprio nome sull’incanto di questo lavoro ci sono i protagonisti Petru Dorobat e Sara Serraiocco. Inoltre Silvia Scola, Valeria Sapienza e Angelo Vitaliano curano rispettivamente sceneggiatura, montaggio e colonna sonora.