Sayat Nova ( pseudonimo di Harutyun Sayatyan ) è un poeta, per lo più amoroso, un trovatore armeno del ‘700, che nella sua opera attua un sincretismo culturale e religioso tra la tradizione biblica, agiografica, musulmana, la poesia persiana, le fiabe orientali, usando varie lingue, oltre a quella armena. La sua è una poesia altamente metaforica e allusiva. Parajanov fa vivere l’artista, come dice la didascalia introduttiva, non attraverso il racconto della vita, ma cercando il senso, le suggestioni, il mistero della sua produzione poetica ed in ultima analisi della sua esistenza.
Torino Film Festival ha proiettato questa pellicola del ‘68, frutto di un complicato e difficile restauro, informando lo spettatore delle difficoltà incontrate dal suo autore in Unione Sovietica, dove fu accusato di ermetismo ed estetismo decadente e costretto a cambiare il titolo in “Il colore del melograno”.
Il film si compone di quadri viventi, raggruppati secondo i periodi della vita del poeta: sostanzialmente, l’infanzia dell’apprendistato, dell’amore per la lettura, con i libri che si squadernano, si moltiplicano, si accumulano, sono bagnati dall’acqua, che li imprime, li fa trasudare il sapere che contengono; la maturità della poesia, dell’amore, della sacralità, del profano e del peccato; la senilità del distacco e della spiritualità, vissuta in un convento.
I bellissimi volti dei tre interpreti del poeta nelle diverse età ci comunicano già essi soli la profondità, la complessità, l’arcano di una vita, di una formazione e di una poesia, in cui si intrecciano diverse culture e passioni ( l’amore, ma non solo), vissute con una radicalità ed un’intensità straziante.
Il linguaggio cinematografico è immaginifico e simbolico: i segni secolari della religione, gli edifici, le sculture, gli arredi rimandano al Medio Evo e a tempi ancora più lontani; il rosso del sangue degli animali crudelmente sacrificati; quello dei frutti, o delle tinture, quello delle vesti e dei panneggi è il colore della passione, della colpa e della redenzione; il bianco fa presagire un inizio incontaminato; il nero ci ricorda la morte.
Ma niente è univoco. La vitalità, la ricchezza, la polisemia di questo bellissimo film è anche una dichiarazione di poetica.
Sayat Nova – Il colore del melograno di Sergei Parajanov, Sergei Yutkevich. Con Sofja Ciaureli. durata 82 min. – URSS 1969