Sidney Olcott, uno dei primi grandi registi degli Studios, propose a Robert Vignola di lavorare nei suoi film subito dopo averlo visto che indossava una camicia bordeaux. Vero o falso che sia questo aneddoto, sicuro fu che Olcott fece lavorare Vignola in una decina di produzioni prima di assegnargli nel 1912 il ruolo Giuda Iscariota in “From the manger to the cross” (Dalla mangiatoia alla croce ), primo film sulla vita di Gesù con “un impianto narrativo solido” e le didascalie realizzate sulla voce dei quattro Evangelisti per la curatela di Gene Gautier che sullo schermo interpreta la Madonna .
Incoraggiato dalla riuscita di un precedente lavoro, girato in Irlanda, Olcott portò la troupe in Palestina, Siria ed Egitto filmando “il suo Cristo” nei luoghi attraversati in vita dal Messia.
Per la lavorazione il regista (di origini canadesi) spese circa 350 mila dollari, ma la pellicola, che fu presentata in anteprima in Inghilterra e solo molti mesi dopo negli Stati Uniti, incassò al botteghino oltre un milione di dollari frantumando così ogni record del tempo. Anche dal lato della critica ottenne un successo strepitoso.
“Movie picture wold” riportò: “Non si può che lodare lo spirito elegante e riverente della mano maestra che lo ha diretto”. Filmato quasi tutto in “campi medi” (la classica inquadratura chiamata “americana” ) e rari movimenti di macchina, in effetti anche rivederlo oggi “Dalla mangiatoia alla croce” – che sarà l’evento speciale alla nona edizione della rassegna lucana “Moliterno Agri in Corto” (9-12 novembre) – si può riscontrare che è una delle prime produzioni del cinema muto improntata su una compattezza anche dal lato formale, non a caso i suoi singoli fotogrammi sono tuttora oggetto di studio ed analisi ai corsi di regia cinematografica.
Ritornando a Robert Vignola il suo è un Giuda spavaldo, prima di dare il bacio del tradimento a Gesù (Robert Henderson-Bland) lo si vede disteso su di una “dormeuse” masticando del cibo. Dal lato estetico è significativa la sequenza successiva in cui in un contrasto di luce si muove furtiva l’ombra della sagoma di Giuda-Vignola prima di essere risucchiata dal buio più totale.
Il “Moliterno Agri in corto” con la proiezione dei sessanta minuti della pellicola di Olcott in effetti vuol rendere omaggio a questo figlio della terra di Basilicata, infatti Robert Vignola (ma il suo vero nome era Antonio Gerardo) nacque il 2 agosto del 1882 nel piccolo centro di Trivigno (oggi meno di ottocento abitanti), coi genitori emigrò a New York che aveva appena tre anni.
Mostrò sin da ragazzo attitudini per la recitazione, le sue prime esperienze artistiche furono in teatro accanto anche ad attori che diverranno famosi come Eleanor Robson e Kyrle Bellew.
La sua prima apparizione sul grande schermo fu nel 1906 in “The black hand” di Wallace McCutcheon, ma solo dopo aver interpretato il ruolo di Giuda Iscariota divenne uno degli attori più pagati della nascente Hollywood. Con Olcott continuò a collaborare in altre pellicole, ma Vignola aveva una visione totale della settima arte, per questo andava alternando il lavoro di attore a quello di regista.
E dietro la macchina da presa fu uno dei registi hollywoodiani del tempo più prolifici, un maestro del muto che con lavori come “The vampire” (1913) e “Seventeen” (1916) diede prova di un immaginario avventuroso, nonché di una maestria nel coordinare il lavoro di montaggio, gestire con equilibrio la pantomima degli attori, assicurare chiarezza alla narrazione e garantire un bilanciamento nella successione delle sequenze. Ma come accadde per altre stelle del muto, anche la sua andò spegnendosi con l’arrivo del sonoro, i film “Broken dreams” e “La lettera scarlatta”, girati rispettivamente nel 1933 e nell’anno successivo, non ebbero la fortuna dei precedenti lavori.
L’arte di Robert Vignola ormai apparteneva già alla storia, il subentro di nuove modalità e tecniche di produzione, l’introduzione del parlato e l’allungamento dei tempi narrativi lo spinsero, a poco più di cinquant’anni, a ritirarsi dal set. Morirà a Los Angeles il 25 ottobre del 1953.