di Vittorio Toschi
Un palco improvvisato in un centro commerciale. Ragazze che ballano scoordinate. Alcune carine, altre che solo credono di esserlo. Chi si dimena fissando la telecamera o il presunto pubblico, chi più timidamente si muove poco e con i capelli sul viso. Tutte che però inseguono lo stesso sogno moderno: diventare veline. Sopra di loro un televisore trasmette le immagini di una partita di calcio. Sotto le ragazze vivono per essere scelte, per uscire dal mucchio indistinto, fare successo, soldi e, infine e finalmente, sposare uno di quei calciatori.
Videocracy si muove così, per frammenti, ma seguendo una linea chiara. Si muove con eleganza, senza mai tradire la necessità di affondare troppo il colpo.
Documentario sull’era del potere della televisione, sulla necessità di apparire per esserci, sull’ansia di uscire dalla massa per “contare qualcosa”. Lele Mora che si muove come un piccole re nella sua villa in Costa Smeralda, sempre circondato e vestito in (puro?) bianco. Fabrizio Corona che ostenta il suo (presunto?) successo, il suo corpo e il suo membro. Un ragazzo ci racconta il suo improbabile sogno di successo, mentre la madre si chiede chi resterebbe a farle compagnia se lui se ne andasse. Eppure, ci dice sicuro, l’ottanta per cento delle ragazze insegue il sogno di diventare velina e per farlo sono disposte a compromessi. Per un uomo è diverso, ci spiega, però poi se ne valesse davvero la pena, insomma per un film importante, quel compromesso potrebbe accettarlo anche lui. Perché per una volta che dai il tuo corpo poi te ne vengono soldi e fama, insomma la tua vita cambia davvero.
Immagini da un mondo che ormai autoconferma disperatamente la propria esistenza, che è potenza di cartone ma si crede vero ed eterno. Ma soprattutto frammenti di una generazione che, nata e cresciuta con questa televisione, non ha gli strumenti per vederla dall’alto e riderci su, ma solo per inseguirla e per sognarla restando quasi sempre a guardare dal di fuori, frustrata, il mondo dei (felici?) famosi.
“Ognuno avrà il suo quarto d’ora di celebrità” diceva Andy Warhol. “Basta apparire” conclude Lele Mora nelle ultime parole del film. Poi la scena è tutta per il Presidente che saluta e sorride, sempre e a tutti. Presidente che c’è sempre in questo film, anche quando non appare, perché, dice Gandini, tutto questo è nato con lui.
Videocrazy |
– Basta apparire- |
Regia | Erik Gandini |
Nazione | Svezia |
Anno | 2009 |
Durata | 85 |