Una ruota panoramica in un campo sgombro dell’Armenia…Una casa abbandonata nel vecchio quartiere ebraico di Berlino…Un cinema all’aperto abbandonato tra palmizi palermitani…Un cane ripreso non frontalmente su un’area sterrata mentre sullo sfondo si intraveda un tipico rilievo australiano…Vecchi pullman abbandonati in uno slargo desertico sovrastato nel cielo azzurro da una fila di piccole nuvole…
Brevi soste del viaggio dentro quei paesaggi urbani che Wim Wenders va catturando da decenni con la sua (inseparabile) macchina analogica. Dopo la pittura e alla stregua del cinema, la fotografia per il regista tedesco è come una seconda musa. Ma ci tiene a marcare: “Nei miei film racconto delle storie invece con la fotografia sono i luoghi a raccontarmi delle loro storie”.
Con la mostra “Landscapes,4 Real & True 2” – che la città dove è nato, Dusseldorf, gli ha voluto dedicare al Museo Kunstpalast (apertura fino al 16 agosto) per i suoi settant’anni – Wim Wenders dona un piano narrativo di “urban-solitude”, ottanta scatti di grande dimensione che documentano luoghi separati dalle caduche atmosfere, irraggiati spesso da una luce accecante e mai solcati dalla presenza umana. Nelle foto l’uomo è solo ricordo, memoria di un suo passaggio, di una sua opera realizzata, vissuta e poi abbandonata al decorso del tempo. Istantanee scattate per fermare un attimo del tutto causale, ma in realtà velano un pensiero elaborato, una volontà di scrivere con il fermo-immagine un testo su un pezzo del mondo.
Ogni scatto di Wenders emana, come nei suoi film, una sensazione di malinconia e nostalgia, di desolazione e ineffabilità, ma anche una naturale seduzione e una irreale calma, bellezza. E proprio su questo doppio scoglio (naturalezza e irrealtà) che il regista-fotografo stabilisce coi suoi “landscapes” un’affinità che ha i risvolti tanto di una scoperta che di un atto di amore.
WIM WENDERS. LANDSCAPES, 4 REAL & TRUE 2. DUSSELDORF. MUSEO KUNSTPALAST. FINO AL 16 AGOSTO