E’ un film sulla vecchiaia (così il protagonista, un attore, tale si considera), sulla rappresentazione ( il teatro nel film e il film nel film, considerati in sé e come definizione del personaggio), sulla sofferenza ( all’inizio, mentre l’attore sta recitando, muoiono, in un incidente stradale la sua moglie, la figlia e il genero, soltanto il nipotino rimane illeso).
E’ un film che tende a sottrarre, a lasciare implicito ciò che è il punto centrale: la disperazione. Questa disperazione viene soltanto accennata (gli sguardi sulle foto dei familiari morti, che non vediamo), cioè sottratta alla nostra visione dal regista, che sceglie la distanza, ma anche da quel tipo di personaggio che non la riconosce, non la vuole riconoscere di fronte agli altri.
L’attore combatte, infatti, quel lutto tremendo, vivendo il presente per quello che può dare, non accettando di avere futuro. Non dimostra interesse, per esempio, nei confronti dell’attrice giovane e bella, che si è “infatuata” di lui. Vive invece il quotidiano con il suo minimalismo: il nipotino che lo viene a salutare ogni mattina quando lui è ancora a letto, l’acquisto di scarpe, lungamente mirate, e poi orgogliosamente comprate, e soprattutto il teatro-cinema, che lo ha reso, tra l’altro, famoso.
Su questo presente, che si regge, come capiremo, in delicato equilibrio, alcuni fatti.
Il primo, apparentemente banale: le belle scarpe di cui era fiero (c’è una lunga soggettiva su di esse) vengono rubate da un giovane tossicodipendente, che lo minaccia con una siringa infetta; l’altro, invece traumatico: non riesce a ricordare comprensibilmente alcuni dei dialoghi dell’Ulisse di Joyce, ( sono, del resto, in inglese, lui è francese, ed ha avuto poco tempo per incamerarli), e se ne va improvvisamente, lascia il set, ritorna a casa.
Questo ritorno dobbiamo leggerlo inserendolo nel lutto familiare. Tutta la disperazione accumulata e trattenuta deborda, tanto da fargli perdere la coscienza di sé e degli altri. Attraversa, infatti, la metropoli parigina in trance, continuando a recitare la parte come un folle, lasciando lo stupore negli occhi di chi incontra, fino ad arrivare a casa, attraversare il giardino, appoggiarsi prima alla porta di casa e poi al corrimano delle scale sotto gli occhi perplessi del nipotino; e in quegli occhi perplessi il film si chiude.
Noi (gli spettatori) abbiamo potuto capire di più di quanto possa aver compreso il nipotino, se nel film non abbiamo cercato la storia come concatenazione, ma invece ne abbiamo seguito le ellissi, la scelta coraggiosa di non auto commiserarsi del protagonista e del regista stesso, che anche nel finale mantiene quella distanza come se ci dicesse “io vi mostro alcune tracce del visibile, perché da queste si intuisce l’invisibile”, ciò che infine è mistero, ossia solo percepibile.
Ritorno a casa è un film pensante, proprio perché la rappresentazione di Manoel De Oliveira mantiene sempre una distanza, chiedendo quindi anche allo spettatore quella distanza, che gli consenta tuttavia di pensare l’immagine, di sedimentarla, di elaborarla e di arrivare per questa via all’emozione e alle emozioni, alla poesia.
Ed un percorso ricco di rappresentazioni: il teatro che diventa cinema (si pensi al rapporto tra lo spettacolo recitato e i personaggi che vivono); Parigi vista dall’alto nella sua grandezza, nei dettagli attraverso la soggettiva di una corsa in taxi, e a distanza nelle gustose, divertenti sequenze nella brasserie, e nella recitazione perfetta di tutti, ma soprattutto in quella mirabile di Michel Piccoli.
Ciò che rimane, infine, non è soltanto la disperazione finale dell’attore, ma anche la vita e il suo flusso con le sue magnifiche apparenze e le sue dure realtà.
RITORNO A CASA
Regia Manoel de Oliveira
Soggetto Manoel de Oliveira
Sceneggiatura Manoel de Oliveira
Produttore Paulo Branco
Fotografia Sabine Lancelin
Montaggio Valérie Loiseleux
Scenografia Ives Fournier
Costumi Isabel Branco
Interpreti e personaggi
Michel Piccoli: Gilbert Valence
Catherine Deneuve: Marguerite
John Malkovich: il regista
Antoine Chappey George
Leonor Baldaque : Sylvia
Leonor Silveira : Marie
Paese di produzione Portogallo, Francia
Anno 2001
Durata 90 min