“Mia madre” di Nanni Moretti

MORETTIdi Nino Muzzi

Moretti è un regista mentalizzato, quasi un meta-regista, e non dovrebbe cimentarsi con soggetti quali La stanza del figlio o Mia madre perché non ha strumenti “mentali” per trattare quelle tematiche e finisce col fare quello che la protagonista di Mia madre, Margherita Bui, raccomanda di non fare agli attori. Lei ripete da anni ad ogni attore di essere nel personaggio e accanto al personaggio, e nessuno la capisce. Lei stessa ad un certo punto del film confessa di non aver capito neppure lei fino in fondo cosa significhino quelle sue stesse parole.

E noi glielo spieghiamo.

Una volta, sul set di un film due attori dovevano fare a pugni e le riprese di quella scazzottata non volevano convincere il regista che le fece ripetere per ben diciotto volte. Da ultimo i due attori si picchiarono davvero di santa ragione, esasperati dalla situazione. Ognuno penserebbe che la scena riuscita sia stata l’ultima, quella in cui se le dettero davvero, e invece il regista scelse l’ottava ripresa perché era più convincente, ed era ovviamente “finta”.

Quindi il segreto della recitazione non sta nel saper dare un pugno in scena, ma di farlo con un gesto recitato, un gesto che contiene in sé la spiegazione di se stesso, un gesto che controlla il gesto, un gesto che “rappresenta” il gesto.

Ora di questo film si può dire tranquillamente che l’unico attore che rappresenti il personaggio assegnatogli è John Turturro, punto e basta. Gli altri attori, compresa la madre, non recitano “rappresentando” dei personaggi, recitano senza neppure porsi il problema di essere personaggi. E infatti di personaggi non ce n’è uno in questo film. Non si sa chi sia Giovanni, né quale motivazione lo spinge a lasciare il proprio mestiere d’ingegnere. Se fosse stato un attore avrebbe potuto dire quello che invece ad un certo punto del film dice Turturro: sono stanco di stare in una fiction, voglio un po’ di realtà! Allora il confronto con la realtà più dura, la morte di una persona cara, lo avrebbe messo in crisi come attore, come uomo finto, ma lui fa l’ingegnere. Mestiere più scabro ed essenziale non esiste…

Lo stesso si può dire della madre di cui sappiamo per dichiarazioni esterne che è stata un’insegnante molto amata, ma non lo vediamo nel personaggio che dall’inizio alla fine giace in un letto inerte. Poteva essere già morta e il film svolgersi in tanti flash back, forse sarebbe stato meglio per la povera Lazzarini: l’avremmo vista in qualche momento della sua vita passata e avrebbe conquistato la simpatia e l’affetto dello spettatore, cosa che adesso non avviene. Se c’è una cosa che il pubblico aspetta è proprio la sua morte.

Margherita poi rinuncia in ogni occasione ad una sua definizione di regista, ma anche di donna, diciamolo pure. Lei gira da vent’anni film impegnati, non minimalisti, ma non risponde a nessuna domanda dei giornalisti, in quella scena inutile, remake di Sogni d’oro. Come donna sembra felice e indifferente sia col marito che con l’amante, come mamma non sa niente della figlia e se ne stupisce con espressioni che ricordano la manierata recitazione di Giulietta Masina: un volto tutto in superficie con espressioni al limite della smorfietta. In genere smorfiette di stupore, senza intensità, salvo nell’ultimissimo primo piano che chiude il film, più merito del regista che bravura dell’attrice.

Quindi Moretti ha saputo fare dell’autobiografismo il suo cavallo di battaglia fintanto si è offerto come “personaggio”, inventato e posticcio fino allo spasimo, ma quando ha voluto affrontare tematiche dolorose, togliendosi la maschera, allora ha posto il pubblico in imbarazzo, come l’attore che ad un tratto piange davvero sulla scena.

Ma l’imbarazzo diventa tanto più grande quando si parla della morte di famigliari. Allora, di fronte a questa realtà ineluttabile, senza vie di scampo, il pubblico viene privato fin dall’inizio di quella sua tradizionale prerogativa, e cioè d’intuire come si svolgerà la vicenda, quale sarà lo scioglimento del dramma. Qui ogni porta resta sbarrata, il pubblico è in prigione, non ha altra scelta che subire il ricatto del dolore altrui. E questo non è cinema perché annienta lo spettatore.

aoMIA MADRE

REGIA: Nanni Moretti

SCENEGGIATURA: Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Valia Santella

ATTORI: Margherita Buy, John Turturro, Giulia Lazzarini, Nanni Moretti, Stefano Abbati, Beatrice Mancini, Enrico Ianniello, Anna Bellato, Toni Laudadio, Pietro Ragusa, Tatiana Lepore, Lorenzo Gioielli

FOTOGRAFIA: Arnaldo Catinari

MONTAGGIO: Clelio Benevento

PRODUZIONE: Fandango, Sacher Film, Rai Cinema in co-produzione con Le Pacte e con Arte

DISTRIBUZIONE: 01 Distribution

PAESE: Italia

DURATA: 106 Min


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