Il Brasile della fine degli anni cinquanta inizi sessanta, per quanto fosse considerato un Paese occidentalizzato, rientrava nell’area terzomondista delle realtà sottosviluppate. I giovani di Rio politicizzati si davano appuntamento nei caffè, scrivevano articoli di fuoco contro il sistema, avevano favorevolmente accolto nel cinema lo spirito innovativo della Nouvelle Vague e del Neorealismo di Rossellini e De Sica. E spingevano affinché la cinematografia brasiliana desse voce agli ultimi, narrasse per conto delle minoranze sottomesse, dei contadini e dei lavoratori senza terra.
In questo clima “engagé” e di rinnovata partecipazione si andarono affermando i registi del Cinema Novo il quale, rifacendosi al movimento modernista brasiliano degli anni venti, fuse sullo schermo realismo e surrealismo, storia e mito, problematiche sociali ed ossessioni personali.
Principali esponenti del “movimento” furono Nelson Pereira dos Santos, Ruy Guerra, Joaquim Pedro de Andrade, Carlos Diegues, Leon Hirszman, ma colui che seppe meglio far conoscere nel mondo quel cinema politico che racchiudeva in sé anche una sorta di rivoluzione estetica (piano sequenza, macchina da presa a mano, zoom, tempo, passaggi indecifrabili dalla fantasia e alla realtà…) fu sicuramente Glauber Rocha (Victoria del Conquista 1939-Rio de Janiero 1981) la cui produzione filmica è effetto di creatività e rigore, arte e rivoluzione, psiche e corpo.
Anima dunque del Cinema Novo, Rocha, che già da adolescente era riuscito a mettersi in luce come critico cinematografico, nel 1965 redasse pure un documento che fece da manifesto della forma e narrazione novista e che ancora oggi ha una forza politica, sociale ed artistica dirompente (magari lo sposassero in tanti tra registi, attori, critici, operatori culturali). “…Dove ci sia un cineasta – scriveva Rocha – di qualunque età, di qualunque origine, pronto a porre il suo cinema e la sua professione al servizio delle cause importanti della sua epoca, lì ci sarà un germe del Cinema Novo che si emargina dall’industria perché l’impegno del cinema industriale è con la menzogna e con lo sfruttamento. Il Cinema Novo è un progetto che si realizza nella politica della fame, e soffre, proprio per questo, tutte le conseguenti debolezze della sua particolare condizione di esistenza”.
Stimato senza misura da Scorsese, Demme, Bertolucci e, in particolare, da Werner Herzog, Glauber Rocha, che considerava l’arte non solo talento ma soprattutto coraggio, realizzò nella sua breve vita opere indimenticabili, quattro suoi “capisaldi” (sarebbe più opportuno definirli capolavori) – Barravento (1962), Il dio nero e il diavolo biondo(1964)), Terra in trance(1967) , Antonio das mortes (1969) – fanno parte di un cofanetto in formato dvd appena edito dalla Raro Video.
Un poker impareggiabile a cui è allegato un libretto di presentazione curato dal critico cinematografico Boris Sollazzo, il quale riconosce al regista brasiliano, specie con il film Antonio das mortes, un talento-coraggio unico nel saper di combinare senza attrito “simbolismi e rappresentazione impietosa della povertà, la poesia e la materia più squallida senza farla sembrare tale, l’umanità e la bestialità, il realismo e l’immaginazione più bestiale”.
Glauber Rocha. Barravento (1962), Il dio nero e il diavolo biondo(1964)), Terra in trance(1967) , Antonio das mortes (1969) – quattro suoi capolavori in formato dvd per la rarovideo.