Con Ugo Tognazzi, Alberto Sordi e Vittorio Gassman, Nino Manfredi rimane di certo il mattatore per eccellenza di quella commedia italiana che – in parallelo al neorealismo – rese grande la nostra cinematografia nel mondo, trattando sarcasticamente argomenti di interesse politico e sociale.
Nato 1921 a Castro dei Vosci, nel frusinate, Manfredi ripose nel cassetto la laurea in giurisprudenza per iscriversi all’Accademia di Arte Drammatica. E nel 1949 esordì con una piccola parte nel film “Torna a Napoli” di Domenico Gambino. Dopo questa esperienza lavorerà con successo coi migliori registi della “commedia sofisticata” (Pietrangeli, Risi, Bolognini…). Anche il pubblico della televisione rimarrà deliziato dalla sua buffa e popolare comicità: in una Canzonissima delle fine degli anni cinquanta divenne famosissimo e amatissimo il suo “barista di Ceccano” afflitto dal tormentone “Fusse che fusse la vorta bbona”.
Tra i cento e passa film in cui Manfredi lavorò è un’ impresa quasi impossibile ricordare quale siano state le interpretazioni migliori, tuttavia la sua brillante comicità riusciva puntualmente ad essere arricchita da toccanti venature di malinconia.
Infatti, Manfredi piaceva definirsi “un artista drammatico che fa dell’ironia”. E questa sua “doppia caratteristica attoriale” si potrà ritrovare negli omaggi che sono stati approntati per il decennale della morte .
Le iniziative si inaugurano oggi con un concerto di beneficenza all’Auditorium Conciliazione di Roma del batterista jazz Roberto Gatto il quale per l’occasione ha assemblato brani della filmografia manfrediana. Il 14 giugno nel paese natio dell’attore verrà proiettato “Per grazia ricevuta” (1970), secondo ed ultimo film da lui diretto che affronta con leggerezza e, a tratti, sfrontatamente temi non sempre condivisi dalla Chiesa. Nello stesso giorno a Castro dei Volsci verrà inaugurata una mostra permanente nella Torre dell’Orologio. Sempre in questo mese di giugno e fino a luglio la Cineteca di Bologna ricorderà Manfredi con una retrospettiva all’interno della rassegna “Sotto le stelle del cinema”.
Invece alla 71° Mostra del Cinema di Venezia verrà presentato il restauro digitale del primo lavoro diretto da Manfredi, “L’avventura di un soldato”, che fa parte de “L’Amore difficile” (1962), film in quattro episodi tratti da altrettanti racconti di scrittori noti. I divertenti trenta minuti della pellicola sono ispirati ad un testo di Calvino in cui un soldato (Manfredi) si appresta a vivere, sul vagone di un treno e senza proferire parola, una fugace storia d’amore con una vedova (Fulvia Franco). La scelta di realizzare un cortometraggio muto fu una sfida per un attore dalla battuta facile come Manfredi il quale in un’intervista dichiarerà: “Volevo fare del soldatino un piccolo Chaplin, un piccolo Keaton. Ma i produttori si spaventarono, non volevano farmelo fare. Fu per me un impresa convincerli, ma a film concluso rimanemmo tutti felici. La dimostrazione di saper stare anche dietro la macchina da presa l’avevo data. E la critica mi trattò benissimo”. Dopo Venezia le celebrazioni torneranno nella capitale dove verrà portato in teatro da Alessandro Benvenuti un testo inedito di Manfredi, “Ma perché Dio creò il peccato”, e allestita una mostra multimediale realizzata in collaborazione con Rai-Teche.
Ultimi omaggi in autunno: prima a New York e, quindi, a Parigi, nella storica sale Arlequin verrà ospitata dal 26 al 30 novembre una rassegna di film .