Les amants, secondo film di Louis Malle, dopo Ascensore per il patibolo, è tratto da un racconto libertino del ‘700 di Dominique Vivant, “Point de Lendemain”..
La voce fuori campo è la coscienza della storia, che, essendo tale, fa diventare l’artificio letterario cinema. In altri termini la voce che racconta non si sovrappone inutilmente alle immagini, anche se essa non ha la stessa funzione poetica espressa in Querelle da Fassbinder-Genet.
Il bianco-nero e l’ambientazione anni ’50 diventano oggi, ai nostri occhi, storia, ma tanto più storia viva, in quanto è film, come scriveva Truffaut, in cui “si prova l’impressione di scoprire le cose contemporaneamente al cineasta e non quella di essere preceduti e soffocati da lui”.
Protagonista, e personaggio riuscito, di Les amants è una donna ( la magnifica Jeanne Moreau) dell’alta borghesia francese, che vive in provincia, nella campagna di Digione, con un marito (Alain Cuny) ricco e burbero, che, a suo modo, la ama, ma privo di immaginazione. Lei è stanca e annoiata, fugge spesso a Parigi, dove ha un’amica complice e un amante che l’adora, ma, nel profondo, desidera un amore, che sia avventuroso, che la faccia sognare…
L’incontro casuale (in macchina) con il giovane archeologo è forse la parte più riuscita della pellicola. Dapprima lui è scorbutico e sbrigativo, non ama il lusso e detesta gli amici di lei; poi diventa ironico e pungente nei confronti del marito di lei (“un orso”) e lei collabora felicemente con battutine fino al momento in cui, arrivati alla grande ed antica villa, lei, vedendo in attesa il marito statuario e inconsapevole (con l’amante e l’amica) di essere oggetto di beffe, scoppia in una risata irrefrenabile di fronte alla faccia sbigottita e perplessa del marito, che non capisce.
La lunga sequenza dell’incontro con il giovane nel parco e poi con l’amore in camera, che destò scandalo nel Festival di Venezia del 1958 per le nudità di Jeanne Moreau, a me pare la parte meno riuscita del film.
Per diverse ragioni:
l’amour fou è poco motivato da immagini a lungo andare ripetitive, da un banale lirismo nei dialoghi e dalla musica di Johannes Brahms (andante con variazioni, II movimento dal Sestetto per archi op.18) avvolgente e romantica, ma che finisce per supplire alla debolezza dell’insieme, risultando alla fine estetizzante.
Non solo, ma la vitalità del giovane improvvisamente scompare dentro un amore che viene dato, senza che lo sentiamo. Non c’è più alcun raccordo tra quello di prima scorbutico e brillante e quello di ora totalmente, irrimediabilmente innamorato.
Giusto il finale irrisolto con una delle immagini più dense e significative del film.
E’ iniziata la loro fuga da tutto e da tutti. Hanno fame. Si fermano per una colazione in un bar molto modesto. Sono al tavolino. Lei si volta e si guarda ad uno specchio. Tante volte lo ha fatto nel film di guardarsi. Ma questa volta in questo bellissimo primo piano non c’è il piacere di verificare se e quanto sia bella, ma un primo richiamo alla realtà. C’è un timore, l’inizio di una paura. Suona come “chi sono io?… cosa sto facendo?”
Les amants
Regia Louis Malle
Soggetto Dominique Vivant
Sceneggiatura Louise de Vilmorin
Fotografia Henri Decaë
Montaggio Léonide Azar
Scenografia Bernard Evein e Jacques Saulnier
Interpreti e personaggi
Jeanne Moreau: Jeanne Tournier
Jean-Marc Bory: Bernard Dubois-Lambert
Alain Cuny: Alain Tournier
Judith Magre: Maggy Thiebaut-Leroy
José Luis de Villalonga: Raoul Flores
Gaston Modot: Coudray
Paese di produzione Francia
Anno 1958
Durata 90 min
Premi
Leone d’argento – Gran premio della giuria al Festival di Venezia
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