Capisco perché i leghisti si siano arrabbiati. Perché Virzi li ha rappresentati come essi sono, ma dall’interno. Perché essi si vedono con i loro occhi, dall’esterno. La loro falsa coscienza censura il loro vero ritratto. Virzì li ha rappresentati soprattutto attraverso Dino (fisicamente ricorda Maroni), ignorante e trafficone, servile e cinico insieme a quella borghesia che specula finanziariamente, formalmente “aristocratica”, ma ancora più rapace e corrotta, scaltra e menefreghista. Quella borghesia, che ha distrutto e cerca di finire di distruggere il nostro (bel) Paese.
In che modo?
Primo: prendendo dei personaggi emblematici; secondo: collocandoli in un tempo narrativo limitato; terzo: ancorandoli ad un fatto di cronaca ben preciso ( un auto pirata che investe involontariamente un ciclista di notte); quarto: rappresentando, in una struttura ad incastro, il prima e il dopo di questo fatto attraverso i principali protagonisti.
Virzì e i suoi sceneggiatori (Francesco Piccolo, scrittore e Francesco Bruni, sceneggiatore, ma anche regista di Scialla! ) scavano nei personaggi dall’interno, mostrando gli opportunismi e i ricatti, la spregiudicatezza e le sopraffazioni ed insieme anche le ingenuità e la disperazione delle figure femminili, che non sanno e non vogliono sapere, che non capiscono e, fino a un certo punto, non vogliono capire, tranne la ragazza, Serena, la più libera da questo universo.
Paolo Virzì lo fa con una scelta narrativa e stilistica non originale, ma insolita nel panorama cinematografico italiano. Rappresentando di alcuni dei protagonisti il percorso completo e gli intrecci e quindi i diversi ruoli e punti di vista di ciascuno nello stesso fatto. Con uno sguardo lucido e distaccato, di chi non si identifica in nessuno di loro; simpatizzando soltanto con coloro che sono fuori da questo mondo economico-centrico.
In questo senso, senza volerlo, è anche un film che ha una valenza pedagogica sia politica che psicologica, che, per un momento, fa pensare anche a Pirandello, perché, smembrando un fatto e via via ricomponendolo, mostra “il gioco delle parti” che ognuno di essi conduce.
Il migliore tra i film di Virzì, come ha sottolineato un po’ tutta la critica, che va decisamente oltre la commedia italiana. Il capitale umano è la vita che (oggi) si può contabilizzare economicamente, che si può vendere e comprare per un pugno di soldi e magari di un bacio.
Il bacio finale tra Serena e il disadattato Luca è l’unica apertura su valori diversi che il film concede. Troppo esile è il loro amore, perché troppo esili sono le personalità di entrambi. La loro non solo non è un’alternativa sia pure simbolica, non può essere neppure una speranza. Se c’è una nota debole nel film mi pare questa. Se la negatività di quel microcosmo è resa davvero efficacemente; la diversità da quel mondo, che Serena ed in parte anche Luca trasmettono, mi pare più volontaristica e velleitaria che rappresentata realmente.
Ottimi tutti gli attori. Su tutti forse Fabrizio Bentivoglio, perché delinea bene il personaggio più difficile, Dino, senza scadere nel bozzettismo. Fabrizio Gifuni è perfetto nell’incarnare lo speculatore ipocrita e altezzoso, tagliente e cinico. Bravissima pure Valeria Bruni Tedeschi, ricca e espropriata, alienata e angosciata.
Il capitale umano
GENERE: Drammatico, Thriller
REGIA: Paolo Virzì
SCENEGGIATURA: Paolo Virzì, Francesco Bruni, Francesco Piccolo partendo dal romanzo omonimo di Stephen Amidon,
ATTORI:
Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni, Vincent Nemeth, Luigi Lo Cascio, Gigio Alberti, Bebo Storti, Pia Engleberth, Giovanni Anzaldo, Guglielmo Pinelli, Matilde GioliRuoli ed Interpreti
FOTOGRAFIA: Jérôme Alméras, Simon Beaufils
MONTAGGIO: Cecilia Zanuso
MUSICHE: Carlo Virzì
PAESE: Italia 2014
DURATA: 110 Min
paola said,
Gennaio 20, 2014 @ 00:01Bel film,bravi gli attori, soprattutto Bentivoglio e la Bruni Tedeschi…ciao 🙂