Siamo nel 1957. A Mosca si celebra il Festival mondiale della gioventù. Un gruppo di compagni della sezione del PCI di Alfonsine, in Romagna, decide di intraprendere il grande viaggio, con cinepresa e pellicole al seguito, in treno. Il film è il risultato della raccolta dei filmati di questi cineamatori, inframezzati da spezzoni di materiale d’archivio ufficiale, con in più qualche inserto dedicato all’oggi.
Viene mostrato il contesto, da cui si parte: i protagonisti del viaggio nel loro paese, gli incontri, le feste, addirittura un ballo, con accompagnamento della canzone “Mamma”, che però ha le parole tutte cambiate e al posto di “mamma” c’è Lenin. E poi il viaggio. Si passa da Venezia, che risulta l’unica tappa degna di nota, e dopo giorni e giorni finalmente si arriva a Mosca.
Non contano i luoghi attraversati, i paesaggi, conta il significato del viaggio. Ed anche Mosca è mostrata non nella sua bellezza, ma nella sua monumentalità e imponenza. L’ideologia prevale ovunque, nelle riprese delle manifestazioni ufficiali come di brani del quotidiano dei protagonisti, con le persone che essi conoscono e con cui familiarizzano.
C’è lo spaccato antropologico di un’epoca.
Sauro, uno del gruppo, che vediamo ai giorni nostri aggirarsi tra materiali meticolosamente ordinati in un archivio, racconta, intervenendo in modo sporadico e discreto. Ricorda, ad esempio, l’effetto che gli fece Stalin: piccolino, “un ometto”; e poi qualche delusione, situazioni che sarebbe stato difficile accettare anche nell’Italia di allora, ma certe cose non si potevano mica dire…
Il treno va a Mosca
di Federico Ferrone e Michele Manzolini
Documentario. Italia 2013. Dur: 70 min