“Blue Jasmine” di Woody Allen

jasmine-thousand-yard-staredi Gianni Quilici

Alla prima sequenza ho pensato:” Ci risiamo! Cate Blanchet come Woody Allen in gonnella, che straparla!” Subito dopo: “Peccato questo montaggio alternato tra un passato scontato e il presente!”

Sbagliavo! Woody Allen ha avuto il coraggio di scegliere la tragedia, tuttavia alleggerendola con una musichetta jazz, vagamente ironica, che distanzia la materia.

Jasmine, la protagonista, infatti, riesce a trovare il tipo d’amore disperatamente cercato: ricco e raffinato, appartenente al mondo dorato in cui aveva vissuto, ad occhi chiusi, fino a non molto tempo fa, dopo essere stata prosciugata di beni e di soldi da un marito truffatore a tutto campo.

Invece no. Woody Allen va a fondo nella sua diagnosi del personaggio. Non c’è salvezza per lei, che non accetta la scala sociale, lungo la quale è precipitata, il mondo di chi lavora arrabattandosi e che ha gusti volgari.

In questo senso il montaggio alternato tra presente e passato è invece calzante, delucida due mondi tra loro contrapposti e modi di comportarsi che, nella loro diversità, possono essere complementari.

Jasmine viveva, infatti, da cieca nel mondo artificiale delle grandi feste, delle boutique di lusso, delle amicizie altolocate, delle vacanze prestigiose. Non vedeva ciò che esse nascondevano: le truffe gigantesche e le infedeltà continue del marito.

Allo stesso modo non accetta, non capisce, ma invece disprezza un’esistenza fatta di precarietà, di persone che mangiano male, vestono peggio, strepitano guardando le partite in TV. Non le capisce, ma le giudica, perché osserva il mondo attraverso una scala di gerarchie sociali.

Nonostante ciò, e qui c’è un elemento dialetticamente importante nella sceneggiatura, cerca di adattarsi: lavora segretaria da un medico, frequenta un corso di computer.

Ciò non la salverà. Nel finale, molto indovinato, nella sua asciutta inesorabilità, la ritroveremo alienata, come all’inizio, a farneticare tra sé e sé.

Non si salva nessuno, sembra dirci Woody Allen. Certo non si salva Jasmine, ma neppure i due mondi, che (il regista) ha rappresentato: quello canagliesco e fatuo dell’alta borghesia ricchissima; quello becero e rassegnato di un popolo senza fisionomia.

Cate Blanchet è strepitosa. Riesce a dare a Jasmine la naturalezza di miriadi di sfumature: elegante e aristocratica, futile e rabbiosa, acida e disperata, ingenua e astuta, isterica e alienata. Da Oscar. Assolutamente.

Blue Jasmine

imagesRegìa: Woody Allen / Sceneggiatura: Woody Allen / Fotografia: Javier Aquirresarobe / Montaggio: Alisa Lepselter / Scenografia: Santo Loquasto /

Interpreti principali: Cate Blanchett, Alec Baldwin, Sally Hawkins, Louis C.K., Bobby Cannavale, Andrew Dice Clay, Peter Sarsgaard / Produzione: Perdido Productions / Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia / Paese: U.S.A., 2013 / Durata: 98 minuti

Nino Muzzi said,

Gennaio 20, 2014 @ 12:19

Caro Gianni,
mi sembra che da Match point in qua W. Allen persegua una sorta di gioco con il fato, con il caso o se vuoi con il caos. L’ascesa (o declino) sociale, l’occasione vantaggiosa (o svantaggiosa) che di volta in volta si presenta al protagonista tende a prescindere dai suoi sforzi, dalle sue ricerche, dai suoi tentativi (spesso goffi o improbabili) per migliorare la propria vita. Più che di un senso tragico mi pare si tratti nei suoi ultimi film di un pessimismo noir che può anche talvolta addirittura approdare al lieto fine, ma ad un lieto fine che nessuno ha meritato.

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