21° Torino Film Festival. “Appunti su Sokurov” di Gianni Quilici

            Ci è impossibile dare una valutazione di questa edizione del Torino Film Festival, perché ne abbiamo vissuto solo pochi giorni. Sufficienti tuttavia per cogliere l’eccezionalità di alcune retrospettive: quelle di Aleksandr Sokurov, di cui accenniamo soprattutto l’aspetto documentaristico, e di William Friedklin, di cui ricordiamo, inedita, la splendida intervista in un fiammeggiante B e N a Fritz Lang,, alcuni rari film di Monteiro, tra cui il testamento estremo, ironico e dolente, “Va e Vem”, ma molto rimane fuori “Americana”, l’omaggio a Fukasaku Kinji, i film del concorso e dei Fuori concorso…

Appunti su Aleksandr Sokurov

            Sokurov è forse uno di quei rari registi la cui opera ti dà la sensazione di immergerti in un viaggio a tutto campo, in cui cinema, storia, pittura, ideologia, musica convergono, in una fusione misteriosamente “alta”.

           Sokurov ha, cioè, tutte le caratteristiche per affascinare, perché i segni che fanno l’immagine ed il movimento di essa sono articolati e complessi e poco definibili in un discorso certo. Il suo cinema si presta benissimo a diventare oggetto di riflessione filosofica ed estetica, un invito a nozze per i critici più ambiziosi o narcisistici-verbosi.

            Il suo fascino, però, non è aristocratico, come possono apparire certe pellicole di Peter Greenaway, perché il suo approccio al cinema è composito ed è, o può sembrare anche, paradossalmente per le ambizioni sottese, un cinema che si mette al servizio. Non di un’ideologia: della storia, della sua gente, della testimonianza, in cui ciò che conta non è tanto il regista quanto le ragioni della rappresentazione stessa.

          Sokurov ama svisceratamente l’immagine, perché ama svisceratamente la realtà. E’ uno di quei registi capaci di fermare la macchina da presa su un oggetto, le nuvole del cielo, un volto, una  Folla, e di rimanere lì inchiodato di fronte all’oggetto, con due risultati almeno: uno, costringerci a guardare e vedere il miracolo del respiro, le impercettibili mutazioni; due, costringerci a sentire il percorso del tempo nella pellicola.

         I movimenti di macchina sono spesso impercettibili carrellate in avanti o indietro che scoprono, come se ti prendessero per mano e ti portassero con loro, una progressiva realtà, o che la allontanano nascondendo ciò che prima era evidente. Questi movimenti, penso per esempio a Voci spiritual, si fondono con rumori lontani, quasi echi onirici, o con musiche antiche di una gravità sospesa, che danno un senso solenne all’immagine, una solennità indecifrabile. Che è la stessa dell’uso della voce fuori campo dolente e estraniata, verrebbe da dire la voce russa spirituale ed antica.

          La sorpresa è grande quando, vedendo Pazienza lavoro, ti imbatti in una sorta di videoclip d’autore, 10 minuti in cui il montaggio e le riprese vertiginose hanno come punto di vista i protagonisti principali: i pattinatori su ghiaccio; oppure quando scopri nel bellissimo Padre e figlio, ultimo lungometraggio presentato a Cannes ed in distribuzione, un film dialetticamente corporeo, dove ciò che non si dice si esprime in duelli a petto nudo, sospesi nel vuoto, in partite di calcio sui tetti di una Pietroburgo, mai così vista in celluloide.

Aleksandr Sokurov

“ Sono nato nell’estate del 1951 in un piccolo villaggio in Siberia, non lontano dal lago Bajkal. Oggi il villaggio è sott’acqua, sommerso da un ennesimo bacino artificiale per un impianto ad energia idroelettrica. Ho iniziato a studiare storia all’Università di Gor’kj nel 1968, lavorando nello stesso tempo come assistente alla regia presso gli studi televisivi della città. Dopo la laurea in storia, sono andato al Vgik di Mosca. Tra il 1980 e il 1987 ho realizzato due lungometraggi, numerosi cortometraggi di finzione e sei documentari. La censura governativa non ha permesso che nessuno di essi fosse mostrato. Dopo il 1987 quasi tutti sono mostrati. Questi sette anni sono stati un’esperienza tremenda per me, ma in nessun modo mi hanno costretto a capitolare …”

Da segnalare il catalogo realizzato per la retrospettiva del Torino Film Festival, che raccoglie le voci dei collaboratori di Sokurov, quelle (parallele) di altri registi come Manoel de Oliveira, Paul Schrader, Andrzej Wajda, Aleksej German e naturalmente la voce di lui, Aleksandr Sokurov, con bellissime foto dai film, dai set e dalla vita privata. Trecento pagine da tenere a portata di mano e da leggere con la scoperta del suo cinema.

Alexsandr Sokurov Eclissi di cinema a cura di Stefano Francia di Celle, Enrico Ghezzi, Alexei Jankowski. € 35,00


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