di Gianni Quilici
“Vincere” di Marco Bellocchio andrebbe visto almeno due volte. Perché è complesso e travolgente, spezzato e mescolato. Scrivo impressioni, appunti a margine.
La passione come filtro che attraversa tutta la storia.
Una passione folle, che non si interroga fino in fondo, che non vede Lui per quello che è, perché non lo vuole vedere e trarne le conseguenze.
Una passione che grida la verità contro i compromessi, che si rivolta fino alla fine, anche quando ciò vuol dire reclusione, manicomio, follia.
Di fronte il Potere.
Il potere di una Persona. Una persona con una lucida, egocentrica, cinica, spietata determinazione.
Lo vediamo già all’inizio, di fronte agli occhi stupiti di clericali e borghesi, sfidare con alterigia Dio. Ancora giovane, ancora nel suo farsi, ancora individuo.
Il potere dello Stato con i suoi truci, aggressivi, paternalistici servi.
La bellezza del Cinema come linguaggio che inventa, oltre la ricostruzione documentaristica o degli sceneggiati televisivi.
L’intreccio tra la fiction delle storie personali (di lei, del figlio) e le immagini dei cinegiornali dell’epoca nella loro tragica e farsesca realtà.
E’ questo accostamento, scandito dal montaggio travolgente di Francesca Calvelli, che dà il senso da una parte di un dolore, di una solitudine, di una distanza; e dall’altra non tanto di un individuo (come sarebbe stato con la fiction), ma di una persona diventata un’icona del Potere paternalistico e spietato.
La bellezza di un Mussolini giovane, inventato nella maschera dura come la roccia e determinata, quasi folle di Filippo Timi (già vista in Come Dio comanda) con quella nettezza brutale, che, nel figlio, l’attore genialmente riprende in una sorta di follia identificativa, parodia della parodia, dietro la quale si possono scorgere l’amore mancato e la rabbia.
La bellezza di una Ida Dalser nel volto e nel corpo di Giovanna Mezzogiorno, che audacemente, ma giustamente Bellocchio non fa invecchiare, innamorata, testarda, dolorosa, cieca e impotente, con un segno dominante: la rivolta e la lotta.
Un film su ieri che ci parla fin troppo dell’Italia di oggi
Vincere
Regia: Marco Bellocchio
Interpreti:
Giovanna Mezzogiorno (Ida Dalser)
Filippo Timi (Benito Mussolini)
Fausto Russo Alesi (Riccardo Paicher)
Michela Cescon (Rachele Guidi)
Pier Giorgio Bellocchio (Pietro Fedele)
Corrado Invernizzi (Dottor Cappelletti)
Paolo Pierobon (Giulio Bernardi)
Bruno Cariello (Giudice)
Francesca Picozza (Adelina)
Simona Nobili (Madre Superiora)
Vanessa Scalera (Suora Misericordiosa)
Giovanna Mori (La Tedesca)
Silvia Ferretti (Scarpette Rosse)
Corinne Castelli (Lacrime)
Patrizia Bettini (La Cantante)
Fabrizio Costella (Il Piccolo Benito Albino)
soggetto: Marco Bellocchio
sceneggiatura: Marco Bellocchio Daniela Ceselli
musiche: Carlo Crivelli
montaggio: Francesca Calvelli
costumi:Sergio Ballo
scenografia: Marco Dentici
fotografia:Daniele Cipri’
suono:Gaetano Carito
produttore:Mario Gianani
Paese: Italia/Francia
Anno di produzione: 2009
Durata: 128′
roberto costa said,
Luglio 6, 2009 @ 17:50Finalmente un film storico-biografico italiano che si muove fuori dagli ormai putrefatti e terrificanti binari della fiction tv e di tutto quello che le somiglia. “Peccato” che a realizzarlo non sia un regista della nuova generazione ma un vecchio ed abile maestro del cinema! Uno dei tanti meriti di Bellocchio è l’aver saputo compiere delle efficaci ellissi spazio-temporali, le quali – grazie anche all’aiuto di uno splendido montaggio – fanno prendere a Vincere le distanze dalla noiosa e avvilente (spesso anche edulcorata o manipolata) “cronachistica” telenovellante, sempre più spiattellata senza alcun rispetto per il pubblico, non per forza destinato a diventare o a rimanere una massa informe priva di intelligenza storica e sensibilità artistica. L’attualità di Vincere sta forse proprio nel suo essere antidoto alla presente (e ahinoi futura) dilagante barbarie culturale e politica del paese.