di Maddalena Ferrari
Frutto di una coproduzione franco-americana, ambientato e girato completamente a Los Angeles, nei luoghi sacri holliwoodiani, è un film in bianco e nero, con una fotografia “filologicamente” luminosa, e (quasi) completamente muto, inframmezzato da rare e brevi didascalie .
Solo in due occasioni il regista deroga dalla sua scelta: una volta in un sogno-incubo del protagonista, divo del cinema muto, perseguitato dai rumori, che si sono proditoriamente introdotti in una scena che egli sta recitando-vivendo, ed un’altra nel finale, un festoso, fantasmagorico tip tap.
E’come se il regista si fosse posto in un rapporto simbiotico con il suo personaggio, attore celebrato del cinema muto, che è rovinato dall’avvento del sonoro. E’una storia malinconica e sfiora il dramma, ma Hazanavicius sa mantenere un equilibrio ammirevole tra coinvolgimento emotivo e distacco ironico.
La bellezza di Gorge Valentin, questo il nome dell’artista, interpretato da Jean Dujardin, è quella dei divi degli anni ’20: corpo ben proporzionato, volto aperto, sopracciglia finemente disegnate, espressive, capelli scuri, lucenti, pettinati all’indietro, baffetti sottili, ma soprattutto una bocca sensuale, che si schiude in un sorriso ammaliatore.
Egli è all’apice della carriera: lo vediamo alla prima del suo ultimo film, con la sua fedele cagnetta ammaestrata, prima dietro lo schermo e poi sul palco, a ricevere l’ovazione del pubblico.
Ma intanto tutto sta per cambiare, con l’avvento del sonoro, che lui sottovaluta e guarda con disprezzo.
Le cose andranno inesorabilmente avanti e sarebbe la fine, se non intervenisse una fatina buona e innamorata…anche lei diva dei tempi: personale flessuoso, gambe splendide, occhi birichini, collo da cigno, capelli corti: il ruolo è interpretato con verve da Bérénice Béjo.
E poi c’è l’impareggiabile cagnetta, attrice intelligente, affezionata soccorritrice.
Splendidi attori svolgono il ruolo di comprimari: James Cromwell è il fedele autista Clifton, John Goodman lo spietato, ma non poi troppo, produttore Al Zimmer.
La storia, in cui entra con naturalezza anche un piccolo spaccato della grande depressione, è di quelle di una volta, una commedia romantica, che arriva ad un passo da un esito catastrofico; Hazanavicius ha l’intelligenza e la sensibilità di amare il mondo che rappresenta, senza identificarvisi, e di trattarlo con leggerezza, dandogli plausibilità e il fascino della genuinità; egli ama questo mondo, perché ama il cinema e gioca con la sua storia, attraverso divertite citazioni: dai personaggi e dai loro nomi, alla cagnetta, da certi snodi narrativi, che possono richiamare Charlie Chaplin o Billy Wilder, a inquadrature di dettagli di oggetti o di volti.
Senza per questo mancare di originalità o di ironia, come quando George, in crisi di lavoro e di matrimonio, risponde alla moglie Doris, che si lamenta “Caro, sono una donna infelice!”: “Come milioni di persone…”
The Artist
Regia Michel Hazanavicius
Sceneggiatura Michel Hazanavicius
Fotografia Guillaume Schiffman
Montaggio Anne-Sophie Bion, Michel Hazanavicius
Musiche Ludovic Bource
Scenografia Laurence Bennett, Gregory S. Hooper
Costumi Mark Bridges
Interpreti e personaggi
Jean Dujardin: George Valentin
Bérénice Bejo: Peppy Miller
John Goodman: Al Zimmer
James Cromwell: Clifton
Penelope Ann Miller: Doris
Missi Pyle: Constance
Joel Murray: poliziotto
Ed Lauter: maggiordomo
Malcolm McDowell: maggiordomo
Beth Grant: governante di Peppy
Paese Francia
Anno 2011
Durata 100 min
il Cinema ci ha salvato ancora una volta:
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nino muzzi said,
Febbraio 8, 2012 @ 13:01Cra Maddalena,
la cosa che mi sembra più significativa, prima di ogni altra, è che l’opera d’arte si struttura secondo le premesse. Se qualcuno pensava che il muto o il bianco e nero fossero tramontati, eccolo deluso. Niente tramonta, siamo noi che tramontiamo rispetto all’opera. Se riusciamo a “rinascere” in altre premesse allora possiamo anche comprendere un poema epico o un graffito sulla roccia, un’opera lirica o …un film muto. Si tratta di accetare le premesse, ma non tutti gli autori riescono a fartele accettare. C’è sempre un personaggio (una figura economica, il produttore) che vuole essere moderno, perché vuole vendere il prodotto. In Silent Movie di Mel Brooks c’è un produttore e dall’altra parte c’è l’artista che lo sfida a tornare alla gag del muto e mentre il produttore risponde: “L’epoca della gag è finita!” gli parte di sotto la sedia su cui stava seduto e tutta la platea si mette a ridere.
Il segreto sta tutto nel far accettare al pubblico le premesse e nel caso di Silent Movie la premessa era una promessa di tante gag, mentre in The Artist la premessa è il volto del protagonista, il suo sorriso che ti riporta per forza ad un’altra epoca. Se parlasse romperebbe l’incantesimo, quell’incantesimo che il pubblico vuole accettare. La bravura del regista consiste tutta nel far firmare questo contratto al proprio pubblico, e il pubblico lo ha firmato senza batter ciglio!
Ciao
Nino