“FolleMente” di Paolo Genovese

di Gianni Quilici

Ci sono andato sicuro, che mi sarei imbattuto in un film creativamente leggero, avendo visto e apprezzato “Perfetti sconosciuti” e avendo subodorato una critica positiva, e, a volte, entusiasta. Non sapevo tuttavia niente della storia. All’inizio, infatti, mi sono trovato in difficoltà, non capivo il rapporto tra i protagonisti e le claque dei suggeritori. La mia quindi è un’impressione, che tuttavia non si reprime.

Mi ha deluso. L’ho trovato un film macchinoso e artificiale, dove l’ironia non ha una implicita profondità, dove le battute sono scontate, pretestuose e, soltanto alcune, si aprono al sorriso.

Penso per una ragione di fondo: se ci pensiamo bene il flusso dei pensieri, in situazioni amorosamente insicure come quelle, diventa tumultuoso, contraddittorio, sconnesso e velocissimo, mentre il flusso incarnato dal doppio coro maschile e femminile che compete banalmente nel cercare la risposta più giusta non lo è, ma diventa pesantemente didascalico.

Ed è questo, a mio parere, che ne determina il successo. La presenza visiva di personaggi che interpretano quei sentimenti, quegli istinti rendono il film immediatamente comprensibile, ci si può riconoscere, sentirsi parte.

E va bene. Il film, tra l’altro italiano, ha successo, le sale sono (quasi) piene, si vede non alla tivvù, ma al cinema. Un film, quindi, abile, ma come qualità espressiva, come ho cercato di motivare, modesta.


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