“Vietnam al cinema” di Luciano Luciani

Il Vietnam rappresenta probabilmente un’area geografica tra le più “cinematografate” al mondo. E questo a causa della guerra combattuta dal 1955 al 1975 per la riunificazione del Paese sotto l’egemonia del Vietnam del Nord, a guida comunista. Una vicenda che vide un sempre maggiore coinvolgimento delle truppe Usa ostili a una tale sistemazione geopolitica dell’area. Un impegno militare imponente, quello americano, che nel 1969 raggiunse la cifra di 540.000 uomini e che venne percepito dalle opinioni pubbliche di tutto il mondo, compreso il fronte interno americano, come una manifestazione arrogante dell’imperialismo a stelle e strisce. Solidarizzarono col Vietnam soprattutto le giovani generazioni degli anni Sessanta e Settanta e le loro istanze pacifiste trovarono, almeno in parte, udienza nella più grande ed efficiente fabbrica di storie del pianeta, ovvero Hollywood. Non pochi film, di diversa qualità, riuscirono a esprimere il disagio di settori sempre più consistenti di opinione pubblica americana per una guerra percepita come ingiusta e inutilmente distruttiva. Il Vietnam non è stato solo un trauma collettivo: è stato il primo conflitto impopolare d’America, combattuto tanto in Asia quanto a casa. Se durante la Seconda guerra mondiale il disco più venduto negli Stati Uniti era l’inno nazionale, dal 1955 al 1975 non si contarono le manifestazioni di critica, di dissenso, di una sempre più radicale opposizione che avviavano una trasformazione profonda nel cuore e nella pancia della società americana. Anche per questo, quello del Vietnam – insieme alla Guerra di Secessione e alla seconda conflagrazione mondiale – è stato di gran lunga il conflitto più rappresentato e raccontato.

I berretti verdi / The Green Berets

1968, regia di Ray Kellog, John Wayne

Un film di guerra ambientato all’inizio del conflitto nel sud est asiatico in cui l’intervento americano è visto come dalla parte giusta della storia. Diviso in tre momenti, racconta l’addestramento, la difesa e l’attacco dei marines contro i comunisti feroci e sanguinari. Una spudorata apologia della “sporca guerra” accolta, fin dal suo apparire, da manifestazioni di protesta in tutta Europa.

Fragole e sangue / The Strawberry Statemant

1969, regia di Stuart Hagman

Film-manifesto della contestazione giovanile americana. Un’università è in subbuglio perché un terreno sportivo sta per essere destinato all’addestramento delle truppe in partenza per il sud est asiatico. L’occupazione dell’università è spezzata da una brutale carica poliziesca, tra le più violente raccontate al cinema, mentre gli studenti cantano in coro Give Peace a Chance.

Il cacciatore / The Deer Hunter

1978, regia di Michel Cimino

Tre amici, operai nelle acciaierie della Pennsylvania, partono per il Vietnam. Catturati dai Vietcong, riescono a fuggire. Uno rientra in patria e riesce a riadattarsi; il secondo, privo dell’uso delle gambe, sopravvive malamente in ospedale; il terzo rimane a Saigon, trasformato in un professionista della roulette russa, il terribile rituale che gli era stato imposto in prigionia… Un appassionato ritratto dell’America degli anni Settanta, premiato con ben cinque Oscar.

Apocalypse Now /Apocalypse Now

1979, regia di Francis Ford Coppola

Terzo anno di guerra in Vietnam. Il capitano Willard viene inviato in missione ai confini con la Cambogia per eliminare il colonnello Kurtz che, impazzito, si è trasformato in un signore della guerra che si muove secondo logiche folli e incomprensibili. Il viaggio di avvicinamento a Kurtz mette Willard a contatto con l’aspetto demoniaco del conflitto: bombardamenti, agguati sanguinosi, cariche di elicotteri, la pazzia lucida e allucinata di Kurtz, culmine di tutte le aberrazioni umane. Non un film di guerra, ma una riflessione sul bene e sul male, sul potere e le distorsioni che esso induce. Film pluripremiato a Cannes e con due Oscar, ne esiste una versione più ampia di circa 50 minuti Apocalyps Now – Redux del 2001.

Platoon / Platoon

1986, regia di Oliver Stone

Il film che ha fatto interrogare l’America sulla sua “sporca guerra”. Volontario nella guerra del Vietnam, Chris (Charlie Sheen), ne conosce tutti gli orrori: la violenza contro i civili, la paura, la follia che serpeggia tra i soldati eccitati dall’uso della droga, l’abbrutimento disumano dei combattenti. Ispirato dalla vicenda biografica del regista, il film riceverà ben quattro Oscar, aprendo la strada a numerosi epigoni.

Full Metal Jacket  / Full Metal Jacket

1987, regia di Stanley Kubrick

La guerra è una follia a cui i ragazzi vengono progressivamente educati a diventare “non dei robot, ma dei killer”. Un viaggio psicologico prima nella distruzione delle menti e poi nella loro ricostruzione sul campo, metà in America e metà in Vietnam. È difficile capire quale dei due mondi sia il più violento. Il conflitto è figlio di un atteggiamento predatorio insegnato e tramandato o nasce dalla necessità di uccidere? I contrasti che Stanley Kubrick inventa in proposito (il cecchino sanguinario che è una bambina; la canzone di Topolino nel corso della marcia finale; il sesso associato all’uccidere) sono memorabili.

Good morning, Vietnam / Good morning, Vietnam

1987, regia di Barry Levinson

Saigon, 1965, agli inizi dell’impegno militare americano nel sudest asiatico. Il disc-jockey più seguito dalle truppe americane Adrian Cronauer (Robin Williams), sboccato ed estroverso, prende in giro non solo i generali, ma lo stesso presidente Usa, Richard Nixon, e per questo viene rimosso dall’incarico. Un Vietnam più comico che tragico, non privo, però, di una sincera presa di coscienza circa i mali della guerra.

Nato il quattro luglio / Born on the Fourth of July

1989, regia di Oliver Stone

Film in cui la guerra del Vietnam propriamente detta occupa uno spazio minoritario. Nato il quattro luglio rifiuta l’azione bellica e si dedica in toto a un reduce, Ron Kovic figlio dell’America tradizionale che va in guerra perché pensa sia giusto e torna senza le gambe, per poi essere masticato e sputato dall’opinione pubblica. Un dramma in cui il conflitto è un prologo e racconta la tragedia tramite i postumi, ciò che rimane dopo le bombe. Magari anche una coscienza pacifista che trasformerà il protagonista in un leader della protesta antimilitarista.

Forrest Gump / Forrest Gump

1994, regia di Robert Zemeckis

Nonostante il Vietnam non sia il cuore del racconto ma solo una sua parte, il film contiene una tra le migliori ricostruzioni di quella guerra. Forrest Gump, un idiot savant, l’attraversa bellamente così come nell’infanzia il bullismo dei coetanei, la contestazione giovanile e trent’anni di storia americana affrontata col sorriso di chi non ha mai dubbi e non vede mai al di là del proprio naso. Premiato con sei Oscar. Si tratta di prodotti cinematografici appartenenti ad anni lontani, ma che hanno scavato nel profondo di intelligenze e sensibilità, favorendo orientamenti e scelte, illusioni e speranze. Rivederli, se e quando capita, ti restituisce la confortante coscienza di essere stato, almeno quella volta, dalla parte giusta


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