di Gianni Quilici
Subito colpisce la virulenza dell’immagine (in una periferia di una grande città del Nord con ancora ampi spazi deserti davanti caseggiati-alveari), che rappresenta con un montaggio frenetico bambini-e che, con i giochi, esprimono la loro esuberanza selvaggia e un po’ misteriosa perchè, nella concitazione del movimento, poco si capiscono frasi e parole, in più mescolandosi dialetti diversi tra loro. Colpisce la brutale violenza con cui i ragazzi, divisi in bande, si affrontano, attorno a due grandi silos abbandonati e trasformati in depositi di ruggine e ferraglie. Più che pensare a “Io non ho paura” scatta il ricordo di Riflessi sulla pelle, indimenticabile film di Philip Ridley e in Italia a Certi bambini di Andrea e Antonio Frazzi.
“Ruggine” si articola, senza ricorrere, giustamente, a flashback, su due piani temporali diversi: quei bambini, alla fine degli anni ’70; e tre di loro, che vivono tuttora, ai giorni nostri, il trauma di ciò che successe allora.
Il trauma è l’orco: un giovane medico pediatra (Filippo Timi) imponente, elegante e disponibile, almeno come appare all’inizio.
E’ da qui che il film scivola pesantemente nello stereotipo, facendo del medico-pedofilo un mostro. Daniele Gaglianone lo mostra, infatti, da lontano e dall’esterno in atteggiamenti deliranti, che non si legano a niente che lo rappresenti comunque come un prodotto sociale, sia pure estremo, in cui possiamo intravedere “tratti” che ci riguardano. Invece è un orco (per i bambini), un mostro (per gli adulti) fuori, come tale, da ogni contesto umano. Non la normalità del Male, ma il male come male, inconoscibile, da eliminare, da distruggere con le musiche esagitate e drammatiche di Evandro Fornasier, Walter Magri, Massimo Miride, che mirano a favorire il coinvolgimento emotivo.
Inoltre in “Ruggine” risulta, alla fine, meccanico e compiaciuto il rapporto tra passato e presente fino alla didascalia più grossolana. Vediamo, infatti, uno di questi “bambini”, il più disperato, ora adulto (Valerio Mastandrea), che passa l’intera giornata in un bar bevendo birre e monologando con altri disperati, mentre ripete ossessivamente il gesto con cui aveva “finito” l’orco, che viene ripreso subito dopo, in un montaggio alternato, nella realtà di allora. Oppure vediamo un’altra protagonista (Valeria Solarino), oggi insegnante di arte e immagine, che, turbata e arrabbiata dall’atteggiamento di due insegnanti maschi aggressivi e “inconsapevolmente pedofili” si trova a ripetere quasi in trance, durante gli scrutini di ammissione alla terza media, una frase proferita dall’orco (“Lo lasci tornare a chiavare con le sua amichette”).
REGIA: Daniele Gaglianone
SCENEGGIATURA: Daniele Gaglianone, Giaime Alonge, Alessandro Scippa
ATTORI: Valeria Solarino, Filippo Timi, Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea, Giampaolo Stella, Giuseppe Furlò, Giulia Coccellato, Giacomo Del Fiacco, Leonardo Del Fiacco, Annamaria Esposito, Alessia Di Domenica, Giulia Geraci, Michele De Virgilio, Anita Kravos, Cristina Mantis
FOTOGRAFIA: Gherardo Gossi
MONTAGGIO: Enrico Giovannone
MUSICHE: Evandro Fornasier, Walter Magri, Massimo Miride
PRODUZIONE: Fandango e Zaroff in collaborazione con Rai Cinema
DISTRIBUZIONE: Fandango
PAESE: Italia 2011
DURATA: 109 Min