Riletture. “Marathon” di Amir Naderi

di Gianni Quilici

il-regista-amir-naderi-85632_mediumE’ un film, di cui hai già scritto, che vedi per la seconda volta. Hai pensato qualcosa di nuovo?

Dapprima mi sono sentito svincolato dal film, da godere e basta, come se fossi in vacanza. Poi ho pensato è un film filosofico e questa mi è sembrato un’idea nuova. Prima lo avevo considerato soltanto o sopratutto come metafisico.

Perché filosofico ?

Perché sotto il realismo, che per lo sguardo fisso, ossessivo della macchina da presa, diventa anche iperrealismo quotidiano, contiene una miriade di pensieri, che si possono definire anche filosofici.

Cioé?

E’ un film fenomenologico sulla ragazza. La m.d.p. riprende in P.P., P.P.P. e dettagli la ragazza che scrive, pensa, guarda, si distrae, è stanca, disperata, infuriata, scocciata oppure che ascolta, è sorpresa, ricerca…

E’ un film sulla città, più esattamente sulla metropoli, più esattamente su New York, che diventa in questo continuo, fugace divenire al tempo stesso diversa e sempre uguale, in questa alienamente presenza di volti e di corpi che vanno e vengono anomini, da risultare intercambiabili, corpi senza anima. E tuttavia nella sua complessità essa un’anima ce l’ha: un volo di uccelli, un improvviso silenzio nel continuo assordante rumore…

E’ un film sul desiderio di sfidare se stessi, di superare i limiti, di estremizzare, di non arrendersi alla stanchezza, alla sfiducia.

MarathonE’ un film sul tempo, il tempo di questa scommessa, il tempo centellinato, vissuto nei suoi attimi come essenziale, il tempo inesorabile, implacabile nel suo trascorrere.

E’ un film sulla speranza, o meglio sulla casualità che ci sorprende ci offre un’altra visione, un altro tempo, oltre a quelli, in cui ci eravamo “ficcati”: la neve che ha imbiancato la metropoli la mattina al risveglio.

E’ infine un film sul cinema: sul suo linguaggio e sullo sguardo. Uno sguardo che crea delle immagini prodigiose. Un linguaggio che utilizza il suono come poche altre volte nel cinema si è visto.


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