“La donna che canta” di Denise Villeneuve

di Simona Cappellini

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Coniugare il peso di una tragedia individuale con uno scenario imponente dove tutto assume proporzioni epiche non è facile, ma è ciò in cui Denis Villeneuve riesce con questa straordinaria prova di regia.

La storia è divisa in capitoli (I Gemelli, Nawal, Daresh ecc) che insieme compongono un viaggio in parallelo tra passato e presente, culminante in una scioccante rivelazione finale. Alla lettura del testamento della madre Nawal, una donna libanese intensamente incarnata dalla Belga Lubna Azabal, i gemelli Simon e Jeanne si vedono recapitare due lettere: una per un padre che credevano morto e l’altra per un fratello che non sapevano di avere. Jeanne si imbarca immediatamente in un viaggio in Medio Oriente che mette in luce il passato sconosciuto della madre. Simon, inizialmente freddo e distante, raggiungerà la sorella nel corso del viaggio.

Tratto dall’omonima pièce teatrale di Wajdi Mouawad, Incendies (tradotto per il pubblico italiano in “la donna che canta”) è un film attuale su tematiche eterne ed universali, costruito come un thriller fluido che procede tra slittamenti temporali e colpi di scena, ma raccontato con una sorprendente forza poetica.

Villeneuve riesce infatti a bilanciare verità e impatto emotivo con una scelta appropriata dei tempi e con immagini evocative che parlano di perdita e distruzione, di trauma e riconciliazione, dove su tutto regna l’eterna e opprimente impotenza dell’uomo nei confronti degli eventi.

Sono proprio le immagini infatti a sviluppare un potente flusso narrativo: il deserto per l’aridità dell’animo; la cella per il senso di soffocamento di una situazione senza vie di uscita; lo sguardo crudo di un bambino che diventa simbolo di un popolo violentato; il fascino di un paesaggio orientale che resta sullo sfondo della guerra come eterna contraddizione tra bellezza e distruzione.

Realismo, realtà storica e forza dei sentimenti quindi, dove su tutto, sicuramente in modo un po’ troppo forzato, vince l’amore a tutti i costi. Ma forse la forzatura della rivelazione atroce del finale non è una pecca manieristica, come potrebbe sembrare ad una prima impressione, ma è volutamente rivolta ad un pubblico estraneo a realtà così lontane dal mondo occidentale.

Come se l’autore ci dicesse: non basta il dramma a rendere percepibile la violenza subita per decenni dai popoli mediorientali, ci vuole la tragedia. In questo tipo di dialettica sta forse anche la chiave di lettura delle strategie comunicative del regista, che per alcuni versi è facilmente associabile ad un Alejandro Inarritu.

La donna che canta” è infatti un film pieno di immagini forti, di momenti drammatici e picchi emotivi che tengono lo spettatore incollato alla poltrona da una tensione costantemente alta, ma il regista si distacca da qualsiasi presa di posizione o commento personale. Solo alla fine si ha la percezione del primo – e forse unico – vero messaggio: l’apertura al futuro, la speranza, la forza dell’amore.

Arricchito da una fotografia magistrale e da una musica di impatto presente solo in brevi momenti del film (magnifica l’apertura iniziale con You and Whose army dei Radiohead) La donna che canta è un film decisamente destinato a restare.

LA DONNA CHE CANTA – Incendies

di Denis Villeneuve

con Lubna Azabal, Mélissa Désormeaux-Poulin, Maxim Gaudette, Remy Girard, Abdelghafour Elaaziz. Allen Altman, Mohamed Majd, Nabil Sawalha, Baya Belal, Bader Alami, Karim Babin, Anthony Ecclissi, Yousef Shweihat

Canada 2010 . Durata 130 min.

(Candidato all’Oscar come miglior film di lingua non inglese)

rosalia de vecchi said,

Marzo 29, 2011 @ 17:56

mi paice questo commento che, ancor p’rima di vedere il film , me lo fa entrare nell’anima!….

Mary said,

Marzo 29, 2011 @ 20:16

Penso che lo vedrò…Grazie

Carine said,

Marzo 30, 2011 @ 14:18

…cavolo … come scrivi bene Simoooo !!!!!!! Non avendo visto il film (PURTROPPO !!), riesco comunque a capire bene i “sentimenti” che trasmette ..grazie al tuo scrivere cosi intenso !!!

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