“Il nastro bianco” di Michael Haneke

di Maddalena Ferrari

ilnastrobiancoUn bianco e nero terso, netto e luminoso ci immerge con naturalezza nel periodo immediatamente precedente la prima guerra mondiale ( sul finire del film essa è appena scoppiata ), in un villaggio austriaco: il lavoro dei campi, una vita semplice, dove la disponibilità molto ridotta degli oggetti conferisce loro ruolo e importanza essenziali ( la bicicletta del soprintendente passa da un “prestito” all’altro ); le povere case, dalle quali si distacca il castello del barone, padrone delle terre, e un’alta e tozza torre, il cui profilo, quasi segno di riconoscimento del luogo, ricorre ogni tanto in campo lungo, come per distanziarci dal fatto contingente ed indurci a una pausa di riflessione.

Il fatto contingente è uno degli episodi di questo film intenso, dove la complessità si unisce alla sintesi e la narrazione procede frammentata e piena di ellissi, che lasciano adito alla possibilità di sbocchi diversi e al mistero.

Le storie sono senza esito, mutilate dall’arrivo della guerra. Ed è come se la preparassero: la cattiveria e il sadismo serpeggiano, per esplodere ogni tanto, in un complesso sistema di stratificazione sociale, di valori morali imposti e di sofferte devianze, di rapporti di forza tra le classi e gli individui, tra i componenti di uno stesso nucleo familiare, dove essi hanno esiti ancor più devastanti, procurando lacerazioni insanabili.

Il principio di autorità, incarnato nella figura del padre ( il pastore, il barone, il soprintendente, il dottore, il maestro…) si scontra sia con le aspirazioni e le pulsioni di chi vi è sottomesso, sia con le debolezze o le depravazioni di chi lo esercita.

Il barone si trova a fronteggiare il tradimento della moglie, che indebolisce la sua funzione di vertice indiscusso della piramide sociale. Il soprintendente insidia le belle ragazze. Il dottore ha una relazione con la levatrice, una donna che egli al tempo stesso disprezza.

I bambini, i giovani avvertono queste contraddizioni, senza esserne del tutto consapevoli.

Il figlioletto del dottore, che viene deliberatamente ingannato sulle cose della vita, arriva dolorosamente a conoscerle in modo brusco e insidioso: la madre non è partita per un viaggio, ma è morta; la sorella è da lui scoperta in un atteggiamento equivoco con il padre e la spiegazione che gli è data non può essere convincente…

L’autoritarismo e l’educazione duramente repressiva del pastore provocano spaesamento e spinte di ribellione nei figli, due dei quali sono costretti a portare per un certo periodo un nastro bianco legato al braccio, in segno di colpa e conseguente espiazione, per una loro malefatta, vera o presunta.

Il maestro, considerato dalla comunità un’autorità morale, svolge nel film il ruolo di narratore fuori campo; è un narratore che non sa tutto, non coincide con il regista; e filtra la sua esperienza attraverso la sua mentalità e la sua cultura: quelle di un uomo di provincia che ha studiato e che non pone minimamente in discussione l’impalcatura etico-sociale nella quale si è formato e vive.

I bei volti dei bambini, che ci guardano frontalmente, indecifrabili, sono lo specchio di quel mondo. Se esprimano innocenza o senso di colpa non è dato sapere. Certo di alcuni di loro si è già manifestata la cattiveria.

Il film, vincitore della Palma d’oro a Cannes 2009, è attualmente candidato, insieme ad altri quattro, all’Oscar per il miglior film straniero.

IL NASTRO BIANCO

Titolo originale: Das weiße Band – Eine deutsche Kindergeschichte

Regia e sceneggiatura: Michael Haneke

Interpreti: Susanne Lothar, Ulrich Tukur, Burghart Klaußner, Josef Bierbichler, Marisa Growaldt, Christian Friedel, Leonie Benesch, Ursina Lardi, Rainer Bock

Fotografia: Christian Berger

Scenografia: Christoph Kanter, Anjia Muller, Heike Wolf

Montaggio: Monika Willi

Nazione: Austria/Germania, Francia, Italia

Anno: 2009

Durata: 144’


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