Florestano Vancini ( Ferrara1926 – Roma 2008) è stato uno degli alti nomi del cinema italiano dal taglio civile e politico. Impossibile non ricordare titoli del calibro “La lunga notte del ‘43” (1960), da un romanzo di Giorgio Bassani, o “La violenza:quinto potere” (1972), dramma su un processo di mafia; “Bronte, cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato” (1973), lucido trattato di controinformazione storica o “Il delitto Matteotti” (1973), indagine sull’assassinio del primo martire dell’antifascismo.
Qualche anno venne aperta Ferrara una scuola di cinema e si decise di titolarla col suo nome. Era il meritorio l’omaggio della città ad uno suo figlio illustre. Ora a quell’istituto e laboratorio di formazione si è voluto cambiare brand, e da “Scuola d’Arte Cinematografica Florestano Vancini” si è passati a “Blow Up Accademy”. Non conosco le ragioni di questo passaggio di etichetta, dai giornali regionali è venuta fuori una diatriba tra i familiari di Vancini e chi dirige la scuola.
Ma, a prescindere che le ragioni (o il torto) stiano da una parte o dall’altra, la dice lunga il fatto che il nome ( la memoria) di un grande regista venga cancellato per sostituirlo con un’etichetta inglesizzata. La quale può (ri)chiamarsi pure al titolo di un film capolavoro, ma segna una cesura con una delle pagine più alte del nostro cinema. E’ un ulteriore sgarbo a quel cinema ormai classico di cui si sta perdendo totalmente la memoria. E a riguardo viene da porsi una domanda: per la ricorrenza dei cento anni dall’ assassinio di Giacomo Matteotti in quanti cinema, scuole, luoghi del nostro Paese è stato proiettato il “Delitto Matteotti”? Pochi, pochissimi.