NELLA 60 °MOSTRA INTERNAZIONALE DEL NUOVO CINEMA DI PESARO (14-21 GIUGNO) E’ STATA REALIZZATA LA RETROSPETTIVA DEDICATA AI FILM DELL’IRRIVERENTE REGISTA SICILIANO FRANCO MARESCO ED E’ STATO PRESENTATO IL VOLUME “ AD MALORA! OPERE, CINEMA E FILM DI FRANCO MARESCO ”.
Agli inizi ci fu Cinico-Tv per Franco Maresco, il quale insieme a Daniele Ciprì (oggi tra i nostri migliori direttori di fotografia) formò la coppia più scomoda e sfrontata del cinema italiano di trent’anni fa. Una stagione feconda secondo il maestro della critica Adriano Aprà (da poco scomparso), vennero prodotti da noi film splendidi e si svilupparono linee di ricerca originali e desuete.
In quell’orizzonte di “nuovo rinascimento”, ma con delle sfuggevoli soluzioni registiche si collocarono i palermitani Maresco e Ciprì che grazie al “Fuori orario” di Enrico Ghezzi sulla rivoluzionaria Rai 3 diretta da Angelo Guglielmi, si fecero conoscere con delle brevi “video-strisce”, girate con un bianco e nero da cinema classico in una Palermo apocalittica, degradata tra macerie, rifiuti, ruderi industriali e dove si agita senza pretese una umanità desolata, addolorata, catapultata sullo schermo così come si presenta nella realtà, con tutti i propri difetti naturali. Era quello un cinema libero e graffiante, ipnotico e cupo, pessimista eppur capace di innescare energia.
In seguito Maresco e Ciprì lavoreranno a dei “veri film” che narrano con sarcasmo e pietà di uomini sopravvissuti a una sorta di estinzione universale, si pensi a “Lo zio di Brooklyn” (1995), “Totò che visse due volte” (1999) o “Il ritorno di Cagliostro”, (2003). In questi lavori palpita una dimensione laica del sacro e lo sguardo si allunga verso una sicilianità antica, una civiltà che apparentemente si presenta perduta, ma poi pronta a riattizzarsi con asprezza e senso del grottesco.
Rotto il sodalizio con Ciprì, Franco Maresco, oggi sessantaseienne, ha iniziato a girare una serie di documentari in cui il suo sguardo ha continuato a manifestarsi in un sincero atto di rivolta fuori dagli stereotipi. E ciò è quanto si vuol dimostrare in questi giorni alla 60° edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro (14-22 giugno) che a Maresco ha voluto dedicare una retrospettiva curata dal critico Fulvio Baglivi.
Tra le altre opere in programma non potevano mancare “Belluscone, una storia siciliana” (2014), agghiacciante e cupo ritratto su Ciccio Mira, impresario di cantanti neomelodici il quale racconta della mafia nei suoi legami con Silvio Berlusconi; “Gli uomini di questa città io non li conosco”(2015), docu-filmsulla vita e l’opera dell’indimenticabile attore e regista teatrale Franco Scaldati (1943-2013) che qui diventa l’ alter-ego del regista e si muove dimesso nel tentativo di rappresentare un’umanità marginale, sconosciuta; “La mia Battaglia” (2016) è invece un aperto dialogo sulla storia e le contraddizioni della Sicilia tra il regista e la celebre fotografa di mafia Letizia Battaglia(1935-2022); invece “Lovano supreme” (2023) è sì un bellissimo documento sul sassofonista statunitense Joe Lovano, ma pure il pretesto per Maresco di celebrare il grande jazz, sua passione sin da quando era ragazzo.
Ricordiamo che nell’ambito della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro è presentato il volume pubblicato da Marsilio e curato da Fulvio Baglivi “Ad malora! Opere, cinema e film di Franco Maresco”. Il saggio è dedicato alla memoria di Adriano Aprà che fu per molti anni lungimirante direttore artistico della rassegna marchigiana.