RESTAURATO “GASHERBRUM-LA MONTAGNA LUCENTE” DI WERNER HERZOG SULL’EPICA IMPRESA COMPIUTA SULLE VETTE DELL’HIMALAYA DA REINHOLD MESSNER.
Mimmo Mastrangelo
Ecco se c’è un’opera di Werner Herzog che più di tutte tiene fede alla sua idea che “un film è atletica sopra l’estetica” questa è “Gasherbrum -La montagna lucente” sull’impresa compiuta quarant’anni fa di Reinhold Messner e Hans Kammerlander: scalare in una sola volta “i due 8000 Gasherbrum” situati nel territorio himalayano del Pakistan.
Messner – oggi ottantenne, da tutti riconosciuto nel padre in assoluto dell’alpinismo moderno per aver conquistato le quattordici vette più alte del mondo senza apporto di ossigeno, soccorsi e campo base a breve distanza – in precedenza si era già arrampicato sui due rilievi, ma separatamente, per cui in quel giugno del 1984 la sfida si presentava difficilissima almeno sulla carta, ma lui e il sudtirolese Kammerlander riuscirono a superare ogni avversità, compiendo un’impresa epica.
Da poco restaurato , è un docu-film eccezionale quello del regista d Monaco , la cui finalità non era documentare la scalata in sé e le tecniche d’arrampicata, ma investigare su cosa spinge uno scalatore ad intraprendere un’impresa al limite delle proprie capacità. “Queste montagne, queste vette – si interroga fuori campo Herzog – non rappresentano, forse, un sentimento che si trovano nel più profondo di noi?”. Le immagini rivolte in direzione di quelli imponenti montagne innevate (che sembrano spingersi più in alto del cielo) sono fascinose e danno la cifra di come un’arrampicata possa essere “traviata” da un misterioso spirito e brivido di avventura.
Ma la bellezza e la profondità di questo docu-film che Herzog pensò di girare anche come preparazione ad un progetto più ambizioso (un film in prossimità della cima del K2 in Himalaya) e che mai realizzerà, sono anche le parole di Messner che prova a spiegare la follia, “la creatività” che lo spinge a rischiare la vita andando sulle montagne. Non ha certezze, non sa se lui e il suo compagno avranno la forza fisica e morale per affrontare i pericoli, le insidie dei crepacci, le bufere sotto le cime dei Gasherbrum. Si commuove Messner, piange quando ricorda il fratello Gunther, che perse la vita nel 1970, durante la prima spedizione in Himalaya sul Nanga Parbat.
Sequenze irresistibili, sono pure quelle riprese con una piccola videocamera dallo stesso Messner una volta espugnate le due vette. “Dura, molta dura, è stata una vera follia” afferma l’alpinista altoatesino di ritorno al campo base. E alla domanda di Herzog: “Che senso ha tutto questo?”, la sua replica è perentoria “Non c’è una ragione, in alto ho solo la possibilità di disegnare delle linee su una grande tavola, queste linee non sono visibili se non a me…”. “ Gasherbrum-La montagna lucente” è per lo spettatore un’emozione allo stato puro, anche perché il film non ha sequenze derivate da uno“storyboard”, in esse prevale la solita poetica del regista tedesco fondata su una spontanea ed estrema ricerca di immagini non ancora viste. E sarà proprio per questo che François Truffaut riconobbe, già negli anni settanta, Herzog il più grande tra i cineasti viventi.