“Addio al grande regista Paul Vecchiali “di Mimmo Mastrangelo

        Per i francesi era l’Artista (con la a maiuscola), il franco tiratore, il Diderot della settima arte.  Ci ha lasciati qualche giorno fa Paul Vecchiali che nel corso della sua lunghissima carriera, tra cinema e televisione, ha girato quasi un film all’anno.

       Amato in Italia dal pubblico del festival fiorentino “France Cinema” (ideato dal critico e suo amico Aldo Tassone) e dai cinephile-intellettuali che hanno ruotano in passato intorno alla rivista “Filmcritica”, Paul Vecchiali era nato novantatre anni fa ad Ajaccio, in Corsica, dalla professione di ingegnere volle liberarsi per debuttare nel cinema con una serie cortometraggi.

       Nel suo primo lungometraggio “Piccoli drammi” (1961) professò subito un’idea di cinema sperimentale, anticonvenzionale, strutturata su una sorta di <<militanza intesa come utilizzo non canonico del linguaggio filmico, votato al concetto di autenticità e condotto fino agli estremi dell’acquisizione dei tempi morti e dell’esasperazione dei piani sequenza>.

       Poco (anzi quasi per niente) incline ai gusti di un pubblico più vasto, Paul Vecchiali si cimentò in vari generi con una libertà creativa di rado trovare nei colleghi d’Oltralpe e in altre cinematografiche del mondo. Il più delle volte da investigatore che era, cercava un altro tipo di contatto fra realtà e finzione, tale da permettergli di convocare sullo schermo un tourbillon di figure insieme ad un ventaglio di situazioni e sensazioni più estreme.

       I suoi film più conosciuti sono di certo “Femmes, femmes” (1974) di cui rimase molto ammirato Pier Paolo Pasolini e che si svolge quasi tutto nelle stanze di un piccolo appartamento (che si affaccia sul cimitero di Montmsatre) dove convivono due attrici che hanno visto andare in frantumi troppo presto la loro carriera; “Corpo a cuore” (1978) che è una storia d’amore improbabile tra un giovane garagista (Nicolas Silberg) amante della musica classica e una farmacista avanti negli anni (una splendida Helène Surgere, vera prima musa del cinema di Vecchiali ) a cui restano pochi mesi di vita; “Ancora” (1988) in cui un uomo sposato abbandona la famiglia perché si innamora di altro uomo, tenta il suicida e alla fine muore di Aids. Un film questo molto duro sulla morte che prevale sulla vita e che, tuttavia, non vuol tenere in secondo piano l’idea che l’esistenza per l’uomo è un cammino irrinunciabile, qualunque siano le condizioni da affrontare.

      Una vita tutta dedita al cinema (e al mistero delle immagini e dei suoni in movimenti) è stata quella di Paul Vecchiali al quale mancavano solo pochi ciak per portare a termine il suo ultimo lavoro. Del suo cinema ha sempre detto: “ E’ semplicemente irripetibile”.


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