di Mimmo Mastrangelo
“ Mio nonno, per il mondo era un genio, per noi familiari era tutto un po’ più complicato. Nonno ha lasciato al mondo dei veri capolavori, ma a noi nemmeno una lira …” . Con queste parole fuori campo e le immagini del funerale di Roberto Rossellini (1908-1977) si apre “The Rossellinis” di Alessandro Rossellini, nipote del grande regista romano che per la prima volta si è messo dietro la macchina da presa per girare, più che un docu-film, una sincera seduta psicanalitica degli eredi di un artista-intellettuale che fu troppo fuori dal coro e divenne una celebrità mondiale per il suo cinema-verità e una movimentata vita privata.
Nato dal legame del primogenito dei Rossellini, Renzo, con una bellissima ballerina afro-americana, Alessandro lo vediamo dialogare su un divano col padre, ricordare quel nonno che non inculcò ai suoi né inibizioni né una rigida educazione. Poi con una snellissima troupe raggiunge l’isoletta svedese che divenne il “buen retiro” di Rossellini, la Bergman e dei loro tre figlioletti . Qui da qualche tempo ci vive in solitudine zio Robertino, il bello della famiglia che lamenta mancanze e distrazioni di quel genitore troppo ingombrante . Dal nord Europa, Alessandro vola negli Stati Uniti ad abbracciare zia Ingrina, docente di letteratura italiana all’università, con lei viaggia verso una fattoria di Long Island dove vive circondata da figli nipoti e animali, Isabella, attrice acclamatissima ed ex-top.model. Con la più nota della famiglia Alessandro ha, forse, il dialogo più avvertito e spigoloso del film per la messa allo scoperto di sentimenti, vecchi conflitti e parole mai pronunciate. La saga dei Rossellini prosegue con la conoscenza della madre del “neofita regista” che vive, sempre in America, in un centro per anziani, e la zia Raffaella, nata dal terzo matrimonio che Rossellini ebbe con l’indiana Sonali. Dall’Italia si è trasferita in Katar e da quando si è convertita all’islam ha preso il nome di Nur. Invece solo con immagini di repertorio viene presentato Gil, figlio di un primo matrimonio di Sonali che, però, venne adottato da Rossellini come un figlio naturale. Musicista, documentarista di talento, Gil se n’è andato giovane nel 2008, nella famiglia è stato, forse, quello che ha cercato più di tutti di seguire l’immaginario filmico del padre.
I racconti di “The Rossellinis” sono intimi ed appassionati, lasciano sorridere ed hanno una carica dissacratoria che sarebbe piaciuta al “grande nonno” di cui si vedono spezzoni dei suoi film più noti ed immagini di spensierati momenti in famiglia, riprese con una super8 dalla fascinosa seconda moglie Ingrid Bergman. Passato all’ultimo Festival di Venezia, prodotto da B&B film, VFS films e Rai Cinema ,
“The Rossellinis” è un film che, in fondo, celebra il genio creativo del regista con cui è nato il cinema moderno, è un lavoro che avrebbe fatto sbrilluccicare l’occhio di critici di altre stagioni come Serge Daney o Enzo Ungari e su cui incombe l’urgenza di una domanda: perché Alessandro Rossellini ha girato il suo primo film solo a cinquantacinque anni? Nelle sue parole la risposta: “ Prima dovevo emanciparmi da lunghissimi anni di tossicodipendenza, avevo bisogno di ristrutturarmi come essere umano”.