UN DOCU-FILM DEDICATO A MILES DAVIS
di Mimmo Mastrangelo
Nel documentario dedicato a Miles Davis, “Bird of-the- cool” (2019) di Stanley Nelson, proprio non poteva mancare una delle scene più intense di atmosfera del capolavoro di Louis Malle, “Ascensore per il patibolo” (1957), in cui Jeanne Moreau gira di notte per le strade di Parigi alla ricerca del suo amante (Maurice Ronet) sulle note intristite ed incantevoli del tromba del musicista statunitense che arrangiò per questo film-noir (molto analisi dei sentimenti) la più bella colonna sonora della storia del cinema.
Presentato al “Sundance Film Festival” dello scorso anno ed ora sulla piattaforma Netflix, il documentario di Nelson – che porta il titolo dell’ omonimo album e si ispira all’autobiografia del trombettista uscita nel 1989 – ricompone di Miles Davis (Alton 1926 – Santa Monica 1991) la complessa vicenda artistica e personale.
Un eccellente racconto che mette allo scoperto il percorso antologico di un artista che chiamavano “il principe delle tenebre” per il suo carattere difficile e spesso irascibile, ma che diventava insuperabile, il primo della classe quando portava alla bocca la sua tromba, incamminandosi lunghi i sentieri di una magnetica composizione.
Documentarista navigato nell’ esaminare storie afroamericane, Stanley Nelson sullo schermo lascia prendere forma – come ha affermato lui stesso – il ritratto di un uomo elegante che, nonostante l’alcol, la droga e la depressione, ha lavorato duramente per affinare la sua arte ed avvolgere le sue ballate di tanta struggente tenerezza.
Per questo suo documentario, in cui cerca di far emergere anche insistentemente l’uomo dietro la leggenda e il mito, Nelson ha assembrato foto in bianco e nero, filmati d’epoca ed interviste – tra le altre – alla prima moglie Frances Taylor Davis, a Juliette Greco, con cui ebbe un relazione quando andò per la prima volta a Parigi e, quindi, a matusalemmi della musica ( Wayne Shorter, Herbie Hancock, Archie Shepp, Quincy Jones, Gil Evans, Carlos Santana) con cui il Nostro collaborò o fu solo ispiratore dei loro lavoro.
Il film, ulteriormente, si arricchisce di una bella collana di citazioni tratte dagli scritti di Davis e lette con voce rauca dall’attore Carl Lumbly ( il Marcus Dixon nella famosa serie televisiva Alias).
Nel realizzare un documentario che funzione come un romanzo, per quasi due ore Nelson tiene incollato lo spettatore allo schermo, senza risparmiargli il piacere di ascoltare la tromba di Davis coi suoi inimmaginabili volteggi sonori e quelle invenzioni volte a ripensare e interpretare il jazz come rarissime altre volte è accaduto.
Padre del cool-jazz, icona della cultura pop anche per via di quei suoi vestiti (firmati Versace) coloratissimi che indossava, Miles Davis da questo documentario esce esattamente l’artista che è stato: pensava la sua musica per gli uomini semplici, ma la creava suprema come se fosse dal Paradiso.