di Mimmo Mastrangelo
Le vicende degli atleti di colore non sono che un capitolo nella grande storia degli Stati Uniti. Le imprese di campioni e recordman spesso, però, si sono sovrapposte a casi di discriminazione razziale che hanno messo allo scoperto il paradosso tra la realtà e l’immagine di un Paese libero e tollerante.
Si intitola, appunto, “Negri- Sport in the Usa” il nuovo docu-film del regista cosentino Francesco Gallo che ha impresso su un unico nastro cento anni di storie di sportivi afroamericani. A fare da prologo l’ascesa alla notorietà di Tom Molineaux, un boxeur della Virginia che menava duro e grazia ai guadagni degli incontri vinti tra gli Usa e l’Inghilterra “riuscì a comprarsi la libertà”.
All’inizio del novecento, nel momento in cui il ciclismo stava vivendo un’epoca d’oro, sulle piste dei velodromi d’America si andò affermando Marshall Taylor, “il ciclone nero” le cui imprese di velocità, nonostante boicottate dai bianchi, entusiasmarono il presidente Theodore Roosevelt. Quando Taylor si ritirò dalle corse, ecco salire alla ribalta Jack Johnson, il primo campione di colore nella storia del pugilato. Odiatissimo dai bianchi, si accanì contro lui persino lo scrittore Jack London che sul “New York Herald” sentenziò: <<dobbiamo togliere il sorriso a questo negro>>. Invece, fu Johnson a togliere il sorriso ai suoi avversari e demolire nella categoria dei massimi la montagna di muscoli di Tommy Burns e James J. Jeffries.
Col passare degli anni continuarono a nascere leggende afroamericane anche in altre discipline dello sport: il 25 maggio del 1935 i cinquemila spettatore del “Big Ten Meet “ di Ann Arbor, nel Michigan, furono testimoni della mitica impresa di Jesse Owens, un velocista ventiduenne, nipote di schiavi. Nel giro di quarantacinque minuti lo scattista di Oakville batté il record mondiale nel lungo, nei 200 metri piani , nei 200 ad ostacoli e nei 100. L’anno successivo alle Olimpiadi di Berlino Owens sfidò se stesso e si aggiudicò quattro medaglie d’oro, diventando poi il protagonista principale di “Olympia” (1938), il documentario capolavoro sui giochi berlinesi firmato dalla “regista del Fuhrer” Leni Rienfensthal .
Non ci saranno solo maschi tra i grandi atleti di colore, ma anche donne le quali, però, per imporsi dovettero abbattere pregiudizi ed ostacoli. La prima di queste guerriere fu la tennista Althea Gibson, vincitrice dell’Open di Francia e di due edizioni del torneo di Wimbledon. Simbolo del riscatto femminile fu anche la velocista Wilma Rudolf che alle Olimpiadi di Roma del 1960 venne incoronata di tre medaglie d’oro.
La bellezza e lo stile della Rufold fece impazzire, oltre Livio Berruti, anche il giovane Cassius Clay che diverrà negli anni il più grande boxeur di tutti i tempi. Spavaldo ironico, provocante, moderno, consapevole della propria forza, Muhammad Ali combatté per il suo successo planetario e l’emancipazione della gente di colore e non solo.
Dopo quella Alì, il regista Francesco Gallo – che su immagini di repertorio cura con padronanza pure il lavoro di montaggio – celebra e ricorda altre bellissime e storiche vicende, come quella “politica-sportiva” di Tommie Smith e John Carlos. I due velocisti di colore nel 1968, sul podio delle Olimpiadi di Città del Messico, salirono col pugno alzato in segno di protesta: per loro rivendicare i diritti dei neri veniva prima di ogni cosa.
L’uscita nelle sale di “Negri-Sport in The Usa “ per ora è solo rimandata, ma è un film da non perderne la visione, Gallo è abilissimo, riesce nell’intendo di cementare tutte le singole storie sportive di un secolo nei principali eventi degli Stati Uniti e in quelli del mondo. La misurata voce narrante del documentario è dell’ attore Guglielmo Favilla.