“Ritratto della giovane in fiamme” di Céline Sciamma

di Gianni Quilici

LA STORIA IN SINTESI. Francia, 1770. Marianne, una pittrice, riceve l’incarico di realizzare il ritratto di nozze di Héloise, una giovane donna appena uscita dal convento. Lei però non vuole sposarsi e quindi rifiuta anche il ritratto. Marianne cerca allora di osservarla per poter comunque adempiere al mandato. Scoprirà molte cose anche su di sé.

E’ un’ode all’amore e alla sua impossibilità.Céline Sciamma ce lo fa sentire e vedere nella sua complessità. E questo attraverso il cinema nella sintesi dei suoi tanti possibili linguaggi.

1) Nella sceneggiatura.                                                                                                          Due giovani donne, Héloise (la pittrice), Marianne (la ragazza del ritratto) in cui via via si accende la fiamma amorosa, si guardano, si studiano, si contrastano, si toccano, si stringono, si abbracciano. Parole certo e a volte secche come staffilate, ma soprattutto silenzi, dentro dialoghi concentrati. E questo è un rapporto tra uguali, tra due personalità forti, senza dipendenze avvertibili, in un’epoca (siamo nel 1770, prima della rivoluzione) di illibertà della donna, che non può decidere il suo destino, che si rivolta, che deve nascondere alla società i propri sentimenti e qualità, senza potere andare fino in fondo, se non distruggendosi,. E questa sete di libertà si allarga anche alla servetta, che diventa complice di questo amore e che da loro viene aiutata, e alle donne dell’isola che la esprimono in un rituale magico tra danza e fuoco di grande forza simbolica e poetica.

2) Nelle inquadrature.                                                                                                                  I primi e i primissimi piani che hanno la bellezza e la purezza di certi film di Bergman con il pianto finale della “ragazza in fiamme” risolto magnificamente da Noémie Merlant  per la verità e per la difficoltà della durata, che l’E statedi Vivaldi sottolinea efficacemente.

3) Nella  scenografia.                                                                                                                   Il film si svolge quasi interamente in un’isola, quasi selvaggia, della Bretagna e ricorda negli esterni  “ Lezione di piano” nell’arrivo e nell’orizzonte dell’oceano di fronte ai loro occhi, come metafora e gli interni del castello che prendono via via il calore del focolare con l’amore e la complicità che si viene a creare tra le tre donne, compresa la servetta.

4) Nel montaggio.                                                                                                                     Céline Sciamma non vira mai nel sentimentalismo, perché stacca, a volte con montaggi netti, di chi ha in mano la storia e la disciplina con rigore.

5) La pittura e il cinema.                                                                                                              C’è infine il tema del ritratto, ossia del quadro. Il primo tentativo fallisce. Lo riconosce Héloise, dopo la critica gelida di Marianne. Perché? Perché Héloise ha colto soltanto la superficie del volto della ragazza. E’ solo cogliendo cosa si nasconde dietro di esso, che il ritratto assumerà una verità. E sarà l’esperienza amorosa a determinarla. E’ il sentimento dell’intelligenza, prima ancora della pura intelligenza, che coglie la verità delle cose. Ma questo è l’itinerario stesso del film, sembra dirci Céline Sciamma.

E mi sembra ci sia riuscita. Un film realistico, che si mescola poeticamente al magico.

RITRATTO DELLA GIOVANE IN FIAMME

regia di Céline Sciamma. con Noémie Merlant, Adèle Haenel, Luàna Bajrami, Valeria Golino, Cécile Morel. Titolo originale: Portrait de la jeune fille en feu. Francia, 2019, durata 120 minuti.


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