di Mimmo Mastrangelo
Se Stan Laurel e Oliver Hardy diventarono i comici che tutti abbiamo conosciuto di certo lo si deve molto a Leo McCarey (Los Angeles 1898 – Santa Monica 1969). Il regista californiano raccontò in una intervista rilasciata nel 1963 ai prestigiosi “Cahies du Cinéma” che con sessanta dollari messi in tasca a Hardy e cento a Laurel strappò “la fedeltà” a quella che riterrà la più grande coppia comica espressa nella storia del cinema.
Sempre in quella conversazione coi “Cahiers”, McCarey dichiarò di aver girato con loro un centinaio di comiche, ma sparò una frottola, fu sì supervisore in almeno un quarantina di produzioni, ma in effetti Laurel e Hardy furono diretti da lui solo in pochi film da due rulli dalla durata di venti minuti come “Metti i pantaloni a Philip” (1927), “Habeas corpus”, (1927), “Noi sbagliamo” (1928), “Liberty” (1929), “Blue Boy, un cavallo per un quadro” (1929) . Con l’avvento del sonoro McCarey, che per il cinema aveva lasciato la professione di avvocato, divenne uno dei nomi di punta della commedia americana dell’epoca, un maestro del genere a cui il settantunesimo Festival di Locarno – in collaborazione con le Giornate del Cinema Muto di Pordenone e le cineteche di Francia e Svizzera – dedicato una corposa retrospettiva curata dal critico Roberto Turigliatto.
<<Questa retrospettiva – ha dichiarato Carlo Chatrian, direttore in uscita del Festival – è anche un modo per rendere omaggio a quella stagione dell’infanzia che ognuno di noi ha vissuto e poi forse ha dimenticato. Ridere con Stanlio e Olio non ha solo un dolce sapore nostalgico, ma vuole anche ricordare il potere visionario e benefico che il comico ha sempre avuto>> .
La vetrina di Locarno è un appuntamento da seguire con interesse, quasi un miracolo per ritrovare il McCarey che dietro la macchina da presa riuscì ad impostare una lavoro basato sulla forza del ritmo, su dialoghi accelerati e brillanti battute. E proprio seguendo uno stilema dai tempi rapidi e concatenato ad una devastante comicità che impalcherà quello che verrà considerato il capolavoro di Groucho, Harpo, Chico e Zeppo Marx, “La guerra lampo dei fratelli Marx”. McCarey lo girò nel 1933 eliminando gli intermezzi musicali cari a Groucho e ai suoi fratelli, ma lasciando intatta una serie di intrecci surreali e una esplosiva miscela di satira. Il film fu un fiasco al botteghino, ma con gli anni sessanta, in pieno clima della controcultura, fu completamente rivalutato.
I lavori di McCarey manterranno sempre un livello di altissima godibilità, ma a partire dalla fine degli anni trenta abbracceranno le coordinate del melodramma, avvicinandosi ora al genere della commedia romantica ora al filone religioso. Due delle opere più riuscite della filmografia di McCarey – “La mia vita” (1944) e “Le campane di Santa Maria” (1945) – vedranno protagonista il cantante Bing Crosby proprio nei panni di un sacerdote, i due film sbancheranno al botteghino, con “La mia vita “ McCarey farà addirittura una incetta di Oscar, ben sei per il miglior soggetto, regia, sceneggiatura, attore protagonista e non protagonista e colonna sonora (con il celebre brano “Swinging on a star” di James Van Heusen e Johnny Burke). Altri titoli importanti della sua filmografia rimarranno “Il buon samaritano” (1948), “L’amore più grande” (1952) e “Un amore semplice 1957), con “Missili in giardino “ (1958) e “Storia cinese” (1962) invece McCarey cercherà di cavalcare terreni più realistici, forzando la mano su una propagandistica visione anticomunista. Il risultato estetico sarà ancora ottimale , ma anche per l’impeccabile interpretazione dei suoi protagonisti, rispettivamente le coppie Paul Newman e Joanne Woodward nel primo e William Holden e Cliffon Webb nel secondo.