LA SCENEGGIATURA SCRITTA DA ROCCO SCOTELLARO PER UN FILM, CHE MAI FU GIRATO, “I FUOCHI DI SAN PANCRAZIO”. IL MANOSCRITTO DEL POETA LUCANO E’ STATO PUBBLICATO ORA IN UN VOLUME CURATO DA SEBASTIANO MARTELLI.
di Mimmo Mastrangelo
Il film l’avrebbe dovuto girare il regista Duilio Coletti, ma nonostante i contratti già firmati, non se ne fece mai nulla, la sceneggiatura e le varie scritture del soggetto col tempo sono andate solo accumulando la polvere dei cassetti. Stiamo parlando de “I fuochi di San Pancrazio”, un progetto per il grande schermo in cui alla fine del 1951 vide coinvolto, insieme a Carlo Levi, Linuccia Saba e Gerardo Guerrieri, anche Rocco Scotellaro a cui fu dato il compito di stendere la sceneggiatura.
Per il poeta lucano, che morirà a Portici nel 1953 a solo trent’anni, non era la prima volta che si cimentava sul terreno della settima arte: intorno ai vent’anni aveva già recensito dei film e sviluppato qualche punto di vista di non poco rilevanza. “Il futuro del cinema – scriveva il giovane Scotellaro – è molto prossimo, poiché il cinema avvince tutte le classi sociali come l’arte primitiva d’un mondo che è da venire” . Dopo la fine del secondo conflitto mondiale scrisse il soggetto “Sulla strada di Carbonara” che avrebbe dovuto portare sullo schermo una storia amore tra due giovani turbata da una precedente violenza. Nel 1948 Carlo Levi interpellò Scotellaro per coinvolgerlo nella riduzione filmica del “Cristo si è fermato a Eboli”, ma anche di questo progetto non se fece nulla, giacché, come si sa, il film vedrà la luce solo nel 1979 sotto la regia Francesco Rosi.
Ritornando ai “Fuochi di San Pancrazio” bisogna dare atto ad un componente del comitato scientifico costituito per il centenario della nascita del poeta-sindaco lucano, il docente di letteratura italiana all’Università di Salerno, Sebastiano Martelli il quale, nel curare la raccolta di materiali e documenti , ha tirato fuori un interessante volume uscito in questi giorni per la casa editrice Quodlibet (euro 22,00, pag. 375). Un’ opera corposa che porta lo stesso titolo del film e in cui, oltre ad un saggio di Martelli e la prefazione di Goffredo Fofi, sono raccolte varie stesure del soggetto e la sceneggiatura originale di Rocco Scotellaro.
Il taglio della scrittura e della storia è di sicuro affine tanto al melò classico quanto al neorealismo del quale, però, ebbene ricordare che quando Scotellaro scriveva i suoi dialoghi la portata “dell’immaginario filmico neorealista” dei vari De Sica, Visconti, De Santis, Rossellini, Germi aveva già quasi del tutto esaurito la sua portata. In ogni caso “I fuochi di San Pancrazio” ha un’ambientazione nella Tricarico (San Pancrazio è,ricordiamo, il suo santo patrono) dell’immediato secondo dopoguerra e vi si racconta una storia tutta meridionale: della fortuna e delle successive disgrazie (la morte di due figli e della seconda giovane moglie) che travolgeranno la vita di Pancrazio Piratore, un maestro-artigiano dei fuochi d’artificio che si era fatto una nomea ben oltre i confini regionali. Una storia la cui la drammaticità si riveste anche di speranza per la nascita in ultimo di un bambino nella famiglia di Pancrazio il fuochista, mentre altri aspetti, suggestioni (tipicamente etno-antropologiche) ed argomenti (povertà, emigrazione…) presenti nel testo di Scotellaro concorrono a definire un’ opera filmica in divenire di forte vitalismo e che vede protagonista un’umanità che si mette in gioco sfidando un destino crudele.