“Breve storia del cinema militante” di Goffredo Fofi

IL CINEMA  MILITANTE PUO’ RITORNARE A RISPLENDERE

SE SI RIPORTA IN GIRO  DALLE SCUOLE AI QUARTIERI . . .

                              di Mimmo Mastrangelo

Una pecca  della critica (e della saggista) cinematografica di casa nostra è che da  lungo tempo non riesce ad elaborare un pensiero filmico, a farsi  sprone per un cinema che, principalmente, punti ad affermare un’idea di mondo piuttosto che al facile consenso  di un pubblico passivo e poco esigente.

Di fronte a tale vuoto ci sembra opportuno segnalare “ Breve storia del cinema militante” (Elèuthera Editore, euro 15.00, pag.142), un volumetto da poco uscito  che porta la firma di  Goffredo Fofi, ormai decano  della critica cinematografica e letteraria il quale, nonostante la veneranda età (ottantasei primavere), continua ad avere  un’invidiabile lucidità di pensiero e a tirare fuori considerazioni  a cui sarebbe bene prestare attenzione, specie tra quei cinecritici di qualche generazione più giovane.

La  seconda parte del volume è di particolare interesse in quanto ripropone dei testi già apparsi  anni addietro sulle seguitissime  riviste  “Quaderni piacentini” e “Ombre rosse” e che fanno  da spaccato a film ed autori (su tutti il francese Chris Marker oltre a Fernando Solanas, Octavio Gelino, Jean Luc Godard, Frederick Wiseman ed altri) di quel “cinema militante” che, soprattutto intorno al ’68,  ha creduto in un cambiamento del mondo e raccontato la realtà attraverso  linguaggi estetici nuovi. 

Ma per cogliere in profondità l’analisi dell’autore bisogna soffermarsi in particolare sui primi  tre brevi capitoli.  Qui il Fofi prima ricostruisce i passaggi storici del “genere” in esame che è stato, quando era  in voga, un “cinema collettivo” punteggiato “dal rapporto instaurato con i suoi destinatari, dalla sua capacità di studiare una situazione, narrarla e offrire anche ai protagonisti di essa, oltre  che agli spettatori generici, la possibilità di interpretarla con più ricchezza di dati e indicazioni”, poi “il critico engagé” fa notare che,   per quanto si possano elogiare film prodotti più di recente che scavano coraggiosamente  nei buchi neri della realtà, il “cinema militante” è andato decadendo in quanto, da una parte,  sono venuti meno  quei  “movimenti espressione  di indignazioni e invocazioni  forti”,  e dall’altra è andata imponendosi una società sempre più conformista,  remissiva ad “accettare il mondo così come i poteri lo propongono”.

 Il “cinema militante” è  oggi  cagionevole anche perché  sono diventate sempre  più invadenti  le novità della tecnologia (  computer, telefonini ) le quali hanno accelerato il processo di trasformazione del cinema in generale da centrale strumento di formazione della coscienza critica a secondaria e marginale “forma  di comunicazione e creazione artistica”.

       Ma non è tutto perduto. La luce di un “schermo militante” può tornare ad accendersi. A condizione, secondo Fofi,  che si prenda consapevolezza dell’attuale stato delle cose, solo così si  potrà aver fiducia che si diffonda un “cinema militante” di denuncia e di lotta,   che sappia  farsi indicatore di una nuova idea di mondo, oltre a schierarsi in difesa della natura  e degli oppressi.

     Un cinema così (che, tra l’altro, escluda le barriere di genere) avrebbe bisogno di una particolare e capillare diffusione, per questo sarebbe opportuno  – chiosa Fofi – “ portare in giro i propri film in modo militante, da salette a cantine, da scuole a quartieri, da parrocchie a camere del lavoro…”.

GOFFREDO FOFI “BREVE STORIA DEL CINEMA MILITANTE” ELEUTHERA  EDIZIONI (PAG 142, EURO 15.00)…


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