“Hitler contro Picasso e gli altri” di Claudio Poli
Posted by admin on Giugno 28th, 2023
di Silvia Chessa
Nel docufilm Hitler contro Picasso e gli altri si ripercorre l’ossessione nazista per l’arte, dai suoi primi esordi alle sue più plateali e patologiche manifestazioni
La voce di Toni Servillo racconta di come il regime nazista si impossessò di 650 opere d’arte dei nomi più insigni (Beckmann, Klee, Matisse, Monet, Picasso, Chagall, Dix), espropriandone i legittimi proprietari ebrei col “feroce sofisma” che risultavano in fuga o assenti.
Laddove, in realtà, condannati e depredati.
Si evince, pian piano, che, oltre all’evidente valore pecuniario delle innumerevoli e varie opere d’arte requisite (e contese fra Hitler e Goering), erano considerati, i quadri, come status symbol di un’aristocrazia antica. Il possesso di tali dipinti, sculture, oggetti d’arte rappresentava, pertanto, non solo un patrimonio nonché una cospicua risorsa finanziaria, ma altresì l’equivalente, per i nazisti, di uno stemma nobiliare.
Era il contraltare di quel folle piano di supremazia di razza ariana e selezione di una velleitaria e utopica purezza di un popolo e del suo capo supremo.
Vi era, alla base di tale minuzioso lavoro di saccheggio di beni artistici, anche una seconda e profonda motivazione. Per meglio capirla bisogna tornare al 1937, il 19 luglio, quando prese le mosse, da un’esposizione a Monaco di 650 opere (sottratte a privati, gallerie e collezionisti ebrei), un tour, in 12 città, detto “Grande esposizione di Arte Germanica”. In essa, definitivamente, fu sancito l’ostracismo ad una lista di pittori non graditi al regime e le loro produzioni raggruppate sotto il nome di “Arte Degenerata”.
Il regime nazista, come si sa e come ribadito nel docufilm, mise al bando anche tantissima letteratura; scrittori di grandissimo talento e sensibilità, padri del pensiero, fini intellettuali, poeti ebbero a subire persecuzioni e ricatti terribili. E se salvarono la vita fu tanto. Ma non così le loro magnifiche opere, le quali vennero sequestrate, proibite condannate al macero, o all’oblio. Ma è sulle opere d’arte, a quanto pare, che il superpotere nazista si accanì in special modo. Ci fa dedurre, tutto ciò, che, se la parola è potente e la sua libertà è invisa alle dittature, ancor più temuta è l’arte, ed è evidente, per i tiranni, il suo potere rivoluzionario, la sua forza sovversiva, non arginabile la sua facundia comunicativa.
La pittura è segno tangibile, linguaggio diretto e subliminale, a tal punto che il nazismo sentì di doverla squalificare con l’appellativo di degenerata. La trattò come una forza misteriosa e reazionaria da appendere al contrario, da contrastare con ogni forza: i quadri “degenerati” erano esposti alla rovescia, accatastati alla rinfusa, per suscitare un senso di disgusto, trasmettere un’idea di trasandatezza ai visitatori, educando alla svalutazione della pittura sovversiva, alla disciplina, all’obbedienza incondizionata del popolo al suo tiranno.
In parallelo a questa ed altre luminose rivelazioni, scorrono, nel docufilm, testimonianze, storie, foto e riprese di quei terribili anni. Tanti i dati che si acquisiscono e prezioso il ripasso di quel periodo. Turbano i racconti diretti dei testimoni ebrei e degli eredi delle vittime, ancora traboccanti di commozione, nella voce e negli occhi.. Soprattutto turbano a cospetto della bellezza appariscente, ed altrettanto struggente, dell’arte, e della sensibilità e del gusto raffinato di taluni collezionisti e mercanti d’arte, strangolati, ricattati nella morsa nazista; depredati e minacciati di morte in una guerra senza confini.
Servillo ci congeda leggendo una indimenticabile dichiarazione di Picasso, che in parole accorate, rivendica il nesso arte politica, la partecipazione del processo creativo al progresso sociale, umano.
“Com’è possibile essere indifferenti agli altri uomini?
La pittura non è fatta per decorare appartamenti.
È uno strumento di guerra offensivo e difensivo contro il nemico”.
Questo enucleò Pablo Picasso.
È dunque, l’artista, un politico che osserva e sente, in se stesso, tutte le vicissitudini del suo tempo, da quelle più strazianti e tragiche, alle più dolci e positive, prosegue il pittore. Togliamoci dalla testa lo schemino artista uguale uomo astratto, fra le nuvole, fuori dal mondo.
Fare arte è un atto sociale, politico, partecipativo e rivoluzionario. L’opera d’arte, prodotto alto di una libera creatività, è linguaggio universale che avverte, sovverte, rovescia i potenti dai loro troni, innalza gli umili, dando voce anche ai nostri silenzi rassegnati e tristi. È rivincita prima dell’attacco, prevenzione alla prepotenza, cura e conservazione dello stato democratico, dello scambio, del confronto. L’opera d’arte come paladina della giustizia e della libertà.
Hitler stesso aveva bussato all’Accademia di Brera: voleva dipingere! Era il suo primo sogno. E forse, chissà, se avesse avuto la possibilità di realizzarlo, quel sogno, magari l’arte lo avrebbe sanato, protetto, salvando il suo destino, mostruoso, e quello tragico delle sue vittime, milioni di deportati.
E così anche il destino di tanta immortale bellezza, dispersa chissà dove -e chissà fino a quando- nel mondo, sottratta ai nostri occhi.
Hitler contro Picasso e gli altri
Con la partecipazione e la voce narrante di Toni Servillo
Soggetto di Didi Gnocchi
Sceneggiatura di Sabina Fedeli, Didi Gnocchi e Arianna Marelli
Art Director Michelle Mally
DOP Mateusz Stolecki
Regia (e montaggio) di Claudio Poli
Musica originale e colonna sonora di Remo Anzovino
Produttore esecutivo Veronica Bottanelli
Produzione 3D Produzioni e Nexo Digital in collaborazione con Sky Arte HD
Distribuzione Nexo Digital