CINQUANT’ANNI FA BARBARA LODEN GIRO’ IL SUO UNICO FILM “WANDA”, DIVENTATO COL TEMPO UN CULT-MOVIE. DA POCO E’ USCITO IL LIBRO DI NATHALIE LEGER “SUITE PER BARBARA LODEN” UN’ OPERA CHE MESCOLA ROMANZO, BIOGRAFIA E …MOLTO ALTRO.
di Mimmo Mastrangelo
Creatura docile, ma inquieta, misteriosa. E, dunque, per questo decisamente attraente. Esattamente come il personaggio alter-ego a cui prestò voce e corpo nel suo unico lungometraggio da regista.
Con un budget ridotto al minimo, cinquant’anni fa Barbara Loden – seconda moglie del regista Elia Kazan – girò “Wanda” in 16 millimetri (poi montato su pellicola). Difficile e problematico, il film venne presentato in anteprima alla 31° Mostra del Cinema di Venezia aggiudicandosi il premio Pasinetti per la critica.
Negli Stati Uniti la pellicola non piacque e qualche cinecronista la bollò in “un’operazione di squallido e limitato realismo”. Un coro di critiche piovve pure dalle militanti del movimento delle donne che accusarono l’attrice-regista di aver portato sullo schermo un personaggio troppo subalterno e poco identificabile con uno stereotipo di donna battagliera.
Queste le sorti del film all’epoca, col tempo poi “Wanda” è divenuto un cult-movie: il giudizio delle movimentiste è andato rivedendosi e il personaggio di Wanda è stato eretto ad icona di ribellione e autodeterminazione.
In Francia Marguerite Duras ne parlerà con entusiasmo in una intervista-colloquio rilasciata ai “Cahiers du cinéma” insieme ad Elia Kazan. Ispirato ad un fatto di cronaca, “Wanda” è il volteggio di una donna che, finita in galera per una rapina, al processo (dove si presenta coi bigodini), ringrazierà il giudice per la pesante pena inflittale. Barbara Loden appare sullo schermo in un’ eroina, “si dimostra quella regista-attrice che veramente era e che fino a quel momento non aveva potuto dimostrare”, nonostante avesse precedentemente lavorato sotto la direzione di Kazan in “Splendore nell’erba” (1961) e sulla scena in “Dopo la caduta” (1964), opera di Arthur Milller che rivisita il mito della Monroe.
Un talento, insomma, quello della Loden che è rimasto purtroppo nell’ombra, così come il suo nome è stato del tutto dimenticato, dopo la morte avvenuta per un tumore a soli 48 anni. Ma una decina di anni fa in Francia alla scrittrice Nathalie Legér fu chiesto dal suo editore di cercare poche notizie sulla Loden da poterle inserire in un dizionario. Per lei fu un folgorazione, tant’é che nell’accumulare sempre più documenti e notizie sulla signora Kazan è arrivata a scriverci un libro difficile da definire un romanzo, una biografia o altro, ma certamente notevole per l’esercizio di una scrittura serrata e “glamoureux”, per lo stile stratificato in cui la parabola della Nostra si specchia nell’inquieta vicenda di Alma Malone (il nome vero di Wanda) e nella vita stessa della Lèger.
Tradotto da Tiziana Laporto, il volume “Suite per Barbara Loden” è da poco uscito anche da noi per l’edizioni della Nuova Frontiera . Originaria della Carolina del Sud e nata nel 1932, la Loden lascerà a 17 anni la casa dei genitori per trasferirsi a New York dove inizierà a guadagnarsi da vivere posando per delle case di moda e ballando nei night. Quando si iscriverà all’Actors Studio la sua vita prenderà una traiettoria non convenzionale su cui si plasmerà un’identità di donna libera, ribelle, creativa e con una testa pensante. Questa crescita di personalità è il prezzo che pagherà con la solitudine e il totale oblio abbattutosi su di lei dopo la prematura scomparsa.
Il libro della Léger si propone al lettore come degli “appunti di regia” e con una specifica missione: ripristinare la memoria dell’eroina che sposò il regista di “Fronte del porto” e “Un tram chiamato desiderio”.
Nathalie Leger “Suite per Barbara Loden” edizioni della Nuova Frontiera. pag. 125. euro 15.00