“In ricordo di Woody Vasulka” di Mimmo Mastrangelo

Con la moglie, la violinista islandese Steina, si può riconoscerlo a tutti gli effetti il precursore  di un linguaggio d’arte attraverso le immagini in movimento, l’inventore  della videoarte, Woody Vasulka è morto qualche giorno prima di Natale a New York dove si era trasferito nel 1965 dopo aver frequentato l’Accademia dello Spettacolo di prega.

Nato nella capitale 82 anni fa, una volta negli Stati Uniti che, come altri pionieri delle arti elettroniche, è diventato sempre di più  un punto di riferimento di quel campo che dalla video arte si estende verso la computer-image, alle esperienze i di virtual realtity.

Le sue produzioni  (meglio le loro, dei coniugi Vasulka) comprendono opere in video, installazioni e in ultimo delle performance interattive diffuse negli spazi pubblici. Manipolando le immagini e  i loro effetti visivi e sonori,  si può dire che Vasulka  ha con le sue pratiche,  in poco tempo, ridisegnato un nuovo ruolo dell’artista ed introdotto nuovi modi di leggere e rappresentare la realtà.

L’universo poetico, visivo è una  “piattaforma”  in cui l’artista in piena indipendenza  fa dei suoi lavori registri del pensare, impasta immagini e suoni per lasciar fermentare un pensiero di vita, sociale.

Per dirla con le parole della moglie, la sfida nell’arte contemporanea di  Woody Vasulka è stata quella di creare uno  spazio che non avesse niente  a che vedere con gli stereotipi e le idiosincrasia della visione. Ripercorrendo l’esperienza  delle avanguardie artistiche europee, egli  <<ha concorso allo sviluppo di un arte non concettuale che “oltre a mettere in discussione l’idea stessa di opera, ha spostato i confini di concetti come proprietà e valore del prodotto artistico>>.

Per capire fino in fondo il suo lavoro di “filosofo della pratica” bisogna che si tenga presente che è stato un artista, che iniziava per le sue sperimentazioni da una ricerca radicale a partire da tutti gli strumentie che il più delle volte era frutto delle sue invenzioni .

Nel 1971 sempre con la compagna, fonda a New York  The Kitchen , spazio di riferimento per  nuove sperimentazioni teatrali e suoi media, sempre più frequentato  da artisti di nuove generazioni. Un luogo dove l’esperienza estetica viene  trasmessa fuori dal tradionale circuito comunicativo mittente-messaggio destinario, in favore delll’asse azione –visione reazione.


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