Fra la schiera dei neorealisti Giuseppe De Santis (Fondi 1917- Roma 1997) fu indubbiamente il più “cinéphile” che trasferì sullo schermo, con intransigente rigore, quel concetto di cinema sociale che da giovane critico aveva già esplorato, analizzato, sviscerato.
Insieme a Luchino Visconti, passò anche per il più intellettuale dei nostri registi, “contagiato” da una forte carica di passione civile (e politica), ma a differenza del regista milanese, con cui iniziò la carriera, collaborando alla sceneggiatura di “Ossessione” (1943), gli orizzonti dell’immaginario di De Santis rimasero le fasce sociali meno protette, come viene confermato da suoi titoli più noti: dal capolavoro “Riso amaro” (1949) a “Non c’è pace tra gli ulivi (1950), da “Roma ore 11” (1952) a “Uomini e lupi” (1956) a “La strada lunga un anno” (1958).
Sulla falsariga di una “cinematografia dal basso e agreste” si propone pure “Giorni d’amore” (1954) però, qui il racconto è dominato da una “maliziosa freschezza” che non è avvertita in altre opere, circoscritte in atmosfere drammatiche . Girato nelle campagne della provincia di Latina – con l’apporto di altri illustri ciociari, ad iniziare da Marcello Mastroianni (nei panni del protagonista maschile) al pittore Domenico Purificato, dall’aiuto regista Leopoldo Savoia ai cosceneggiatori Elio Petri e Libero De Libero – “Giorni d’amore” è stato da poco restaurato dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con la Surf-Film e la nuova copia verrà presentata alla XXXII edizione del “Festival del Cinema Ritrovato”, in calendario nel capoluogo emiliano dal 23 giugno all’1 luglio.
La storia è quella di un contadino (Mastroianni che si aggiudicò il Nastro d’argento per la miglior interpretazione) il quale non potendo sposare la sua amorosa (una Marina Vlady già con un piglio sofisticato nonostante il suo ruolo di campagnola) a causa delle perenni difficoltà economiche, decide di rapirla con l’appoggio dei parenti di lei. Seguendo un corso alternante di “trasporti e ripicche, di fremiti e di ironie” si arriva al finale scontato con i due fuggiaschi immortalati sull’altare.
Domina nell’impianto di questa commedia sentimentale una inedita leggerezza da non confondere con la superficialità o l’approssimazione, ma come in altri lavori De Santis si mantiene fedele nel tratteggio fitto e sottile delle psicologie dei due personaggi principali, in particolare di quello femminile; nel rivolgere il proprio sguardo ad un povero contesto di provincia; nell’attivare una grammatica di piani sequenza, carrellate e ampie inquadrature.
Primo film girato a colori da De Santis (al III° Festival Internazionale del Cinema di San Sebastian venne premiato per la miglior fotografia), “Giorni d’amore” ancora oggi si può riconoscerla in un’opera che accosta e mette in cortocircuito ritmi, cadenze e modelli che il regista ciociaro nel corso della sua carriera sempre mutuò da una specifica cultura ed antropologia.
Giorni d’amore di Giuseppe De Santis. Con Marcello Mastroianni, Marina Vlady, Renato Chiantoni, Pina Gallini. durata 109 min. – Italia 1954.