” La botta grossa ” di Sandro Baldoni

la bodi Mimmo Mastrangelo

“Questa è la mia casa, quello che resta della mia casa, a Campi di Norcia,  quattro buchi, una libreria, macerie. Sono riuscito ad entrare, non è un bel spettacolo, ti spacca il cervello…”.

Sandro Baldoni si autofilma e dalle sue dolorose parole parte per raccontare nell’ultimo suo docufilm, “La botta grossa”, il terremoto del 30 ottobre del 2016 che colpì i territori tra Norcia e Camerino.
Fu la più forte scossa registrata in Italia negli ultimi quarant’anni, non fece morti come ad Amatrice o Accumoli, ma distrusse tutto, i paesi di quella fascia appenninica  divennero cumuli di macerie e quarantamila dei loro abitanti degli sfollati.

Sandro Baldoni (che  è il fratello di Enzo, il giornalista rapito ed ucciso in Iraq nel 2004)  presenta storie “dal di dentro”, di uomini e donne, di bambini ed anziani che si sono improvvisamente trovati con l’esistenza rovesciata, perdendo  casa, lavoro ed ogni genere di cose, smarrendo il passato e non riuscendo ad immaginare   come potrebbe essere per loro il futuro.

Un terremotato è un sopravvissuto –   sentenzia la voce fuori campo del regista – un sospeso che non sa cosa fare, altri saranno a decidere per lui.
“La botta grossa” è un transito nel dolore, nelle ferite psicologiche ma, ciononostante, le testimonianze della gente si adagiano su una sponda dell’ottimismo.

Ed allora ecco gli abitanti di Campi  che subito dopo il moto della  terra si sono organizzati in una nuova microcomunità intorno all’ampia struttura che ospita la locale  Pro loco.  Da Campi Baldoni sposta lo sguardo sugli abitanti di Visso e Ussita, nel maceratese, da dove per un rischio idrogeologico imminente sono stati costretti al trasferimento in località marine.

Qui i terremotati raccontano  di come sono stati accolti con generosità dalla gente posto: c’é la signora polacca che ha dovuto subire col terremoto una seconda emigrazione,  il pasticciere che rimpiange il suo laboratorio di dolci andato distrutto, la camionista rimasta scioccata dalla paura, l’allevatrice che, pur di non chiudere la sua azienda  dove  recupera una razza caprina autoctona,  si sobbarca  ogni giorno oltre 250 chilometri di macchina.

Dal mare la piccola troupe di Baldoni ritorna di nuovo in altura, all’eremo di San Fiorenzo, nel comune di Preci. Ad attenderla c’é Tadeusz , un frate senza ordine giunto qui una ventina di anni fa dalla Polonia, grazie al suo lavoro che questo antico luogo sacro ad oltre mille metri dal livello del mare è ritornato alla sua semplice bellezza. Il religioso naturalmente, ha vissuto in solitudine (anzi con il conforto Dio) il terremoto nel quale , nonostante gli effetti distruttivi che può procurare  ” bisogna vederci qualcosa di buono – dice il frate –  perché Dio parla agli uomini anche così. Il terremoto non uccide, sono le case  che vengono giù ad uccidere, perché fatte male dagli uomini”.

Baldoni chiude il cerchio del suo viaggio  ritornando a filmare  la sua casa di Campi e, mentre vengono inquadrati i pochi oggetti recuperati dalle macerie, nello spettatore  risuona la voce  di Ungaretti precedentemente ascoltata e che scandisce i versi laceranti di “San Martino del Carso”:
“Di queste case/non è rimasto/che qualche brandello di muro/di tanti/che mi corrispondevano/non è rimasto/neppure tanto/ Ma nel cuore nessuna croce manca/ e il mio cuore che è straziato”.

Presentato in anteprima  al Festival  del Cinema di Roma e vincitore del Nastro D’Argento 2018 per la sezione documentari, “La botta grossa” è un film magmatico, di accostamento, di suoni, di voci, è la ricerca di strappare a  persone che hanno vissuto un dramma la geografia del loro stato d’animo,  è il racconto di come, nonostante le ferite che un terremoto  può aprire, gli uomini possono rimanere integri,   non smarrendo i loro beni più grandi: dignità e pudore.

la bottaLa Botta Grossa

Regia: Sandro Baldoni

Tipologia: documentario,

Paese: Italia   Anno di produzione: 2017 Durata: 82′

Distributore: Cinecittà Luce


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