Il film di Guillermo Del Toro riesce nel suo proposito: realizzare una storia d’amore tra realtà e fantasia, sfiorando l’horror, ma superandolo poeticamente nello sfondo di uno scontro tra le due superpotenze: gli americani e i sovietici durante la guerra fredda.
Una storia d’amore tra una giovane donna muta (un’esemplare Sally Hawkins), che lavora in un laboratorio scientifico di Baltimora come addetta alle pulizie e, una sorta di mostro anfibio, che però ha sembianze quasi umane ed è sensibile, accorato, comunicativo e intelligente.
Non c’è quindi horror, ma sentimento amoroso, dato soprattutto dallo sguardo e dagli atti: ascolto e disponibilità, sguardo e sorriso, abbracci simbiotici da parte della giovane donna determinata e furiosa di fronte ai soprusi quanto innamorata di ciò che è buono e diverso in lui. Il cattivo in questo scontro spietato è incarnato da un notevole attore, quasi un caratterista (Michael Shannon II), già nell’aspetto fisico: volto squadrato, mascella e denti forti, ghigno tra l’ironico e il feroce.
Storia coinvolgente con un montaggio essenziale, scenografia anni ’50 chiusa e buia, senza speranze, ma da cui è possibile uscire con l’utopia di un amore inestinguibile, antico fino alla mitologia, tra aria e acqua, tra cielo e mare.
Regia di Guillermo Del Toro. con Sally Hawkins, Michael Shannon (II), Richard Jenkins, Doug Jones, Michael Stuhlbarg. The Shape of Water. USA, 2017, durata 119 minuti.