“…Quando di primavera le foglie/mutano colore, io cadrò morto/ sotto il sole che arde/ biondo e alto chiuderò le ciglia/lasciai il cielo al suo splendore…”. Versi profondamente avvertiti sulla pelle, tratti da “Il giorno della mia morte” di Pier Paolo Pasolini e che nelle ultimissime sequenze del film di Michele Schiavino vengono recitati in dialetto friulano da Piera Rizzolati nel cimitero di Casarsa della Delizia, davanti alla tomba del poeta e regista.
Si intitola “Ad Memoriam/Per Pasolini” quest’ ultima opera che il regista salernitano è riuscito a tirar fuori lavorando al montaggio di supporti sonori, sequenze di film pasoliniani, immagini e interviste da lui stesso girate precedentemente in vari posti.
Schiavino ha inteso questo lavoro tanto in uno “Stabat-Mater” per il Pasolini del dissenso, quanto in un work in progress, un diario decennale di “appunti per un film futuro” in cui le prime immagini sono del 2005 in una Matera ancora lontana dalla candidatura (e nomina) di Capitale Europea della Cultura e dove il regista colloquia col compianto giornalista Domenico Notarangelo che durante le riprese de “Il Vangelo secondo Matteo” (1964) fu scritturato nel ruolo di un centurione e scelto da Pasolini per trovare tra i materani le ” facce da fasciste” delle comparse.
Altra testimonianza dalla città dei Sassi è quella di Giuseppe Cotugno che recitò bambino nel film e si è fatto l’idea che “Il Vangelo” e Matera hanno conosciuto la notorietà solo dopo la tragica morte del regista.
L’itinerario di Schiavino dalla Lucania prosegue lungo l’Irpinia (Montemarano, Avellino, Mercogliano) e Sant’Arsenio nel salernitano, luoghi dove nel 1955 il famoso etnologo americano Alan Lomax e l’etnomusicologo Diego Carpitella registrarono tarantelle, cammurriate e canti popolari (“La zeza”, “La pampanella”, “La serenata”, “La ninna nonna”) che poi il regista utilizzò senza citarne le fonti ne ” Il Decameron” (1971). Film i cui esterni furono girati anche sulla Costiera Amalfitana, e proprio a Villa Rufolo di Ravello Schiavino va a scovare il giardiniere Vincenzo Amato che nella pellicola ispirata al famoso testo di Boccaccio ricoprì il ruolo del ragazzo muto Masetto. Risalendo ancora lungo la penisola le immagini scorrono su Napoli che Pasolini definì “l’ultimo baluardo contro la stronza Italia” e, in chiusura, su Casarsa (e siamo nel 2009) dove c’é Gigion Colussi che racconta di quanto in paese il maestro Pasolini mise su un coro tra i ragazzi.
“Ad Memoriam…” è un film a doppio registro, e in quanto tale ecco in contrappunto le voci di Alberto Moravia, Carmelo Bene, Ivo Barnabò Micheli che ripropongono il Pasolini corsaro e luterano che butta il corpo nella lotta in un Paese stancamente conformista; il poeta antagonista che dà scandalo perché “senza scandalo non si dà poesia, che è sorella o comunque, parente della fede”.
E’ “Ad Memoriam…” il film meno scontato girato su Pasolini, il quale non poteva non scaturire dall’immaginario di un regista come Schiavino che – coi suoi lavori dalle traiettorie non lineari – imperterrito continua a riversare anche lui il proprio corpo nella battaglia per un cinema che non può tenere a freno il pensiero e il dissenso